Mentre si discute sul taglio delle intercettazioni e sull’urgenza di separare le carriere tra pm e giudici si moltiplicano i problemi concreti
«Vi chiedo l’inserimento del nuovo pensionato L.B., che ha dato la propria disponibilità a prestare attività presso questa Procura due o tre giorni a settimana già nel mese di gennaio». Scrive così il procuratore della Repubblica di Piacenza alla locale sede dell’associazione di volontariato Auser iscritta nel «Registro Nazionale delle associazioni di promozione sociale».
Modi creativi per tirare avanti negli uffici giudiziari sotto organico già ne se erano visti parecchi in giro per l’Italia, ma l’accattonaggio di pensionati ottantenni presi per strada pur di non far chiudere del tutto una Procura è istruttivo nel separare la panna montata del chiacchiericcio sulla giustizia dalla invece dura realtà del suo quotidiano arrabattarsi. Piacenza è una Procura certo non grande, ma trovatasi lo stesso a istruire procedimenti come quelli sulle illegalità nella caserma dei carabinieri o sulle controverse condizioni di lavoro e relazioni sindacali in seno ai colossi della logistica stabilitisi in quel circondario. Eppure qui il controllo delle notifiche degli «avvisi conclusione delle indagini» (importantissimi perché altrimenti poi «saltano» i processi se la notifica manca o è fatta male) viene effettuato, al pari della ricezione delle notizie di reato cartacee, appunto anche da volontarie o pensionati ultrasettantenni dell’Auser, convenzionata con il Comune, a supporto di quel che resta di chi in condizioni normali dovrebbe occuparsene: cancellieri e operatori del personale amministrativo ministeriale, di cui «da due anni» la dirigente della Procura, Grazie Pradella, va segnalando in ripetute lettere al Ministero «l’insostenibile situazione d’organico andata progressivamente peggiorando sino alla scopertura del 50%», causa di «gravi ripercussioni sull’efficienza dell’Ufficio ormai dedito a trattare prevalentemente gli affari urgenti» nei ruoli dei sei pm, ciascuno dei quali ha in carico almeno «1.000 fascicoli contro noti». Ma «a fronte di questa insostenibilità — aggiungeva in settembre il procuratore rivolto al precedente governo come adesso ripete all’attuale — constato con incredulità, e nel contempo con amarezza, la totale inerzia del Ministero della Giustizia».
I «gettonisti» che (gratis) tengono a galla le Procure come i «gettonisti» a pagamento mandano avanti il Pronto soccorso sono solo l’ultima e più pittoresca di quelle crepe che, un po’ come nei viadotti autostradali, anche nel ponte della giustizia non si avvertono, fintanto che il ponte non crolla di colpo nella finta meraviglia di tutti. Eppure basterebbe porre l’orecchio agli scricchiolii nelle cose ma importanti. A Milano, altro esempio, la polizia giudiziaria (che esegue le deleghe di indagine dei pm) è stata trasferita dagli infelici loculi della Procura in una nuova e funzionale sede collocata però in periferia lontano dal Palazzo di Giustizia. E siccome il collegamento telematico non ha evidentemente ancora raggiunto i teorici standard di sicurezza ed efficienza ritenuti minimi per le trasmissioni, ecco porsi il banale problema di come portare avanti e indietro le caterve di fascicoli nella indisponibilità di commessi, autisti e automezzi. Al punto che, l’altro giorno, pur di mandare avanti il lavoro altrimenti congelato, due magistrati hanno caricato i borsoni di fascicoli sull’auto privata prestata da un finanziere e sono andati — loro — a scaricarli.
Piacenza, Milano, storielle insignificanti se prese di per se stesse, non diversamente dalla presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna che, per concentrare il poco personale amministrativo sulle urgenze di lavoro, si mette centralinista a rispondere al telefono. E tuttavia storielle che, alla vigilia delle magniloquenti cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario a fine settimana, suggerirebbero come «compiti a casa» un ripasso di un articolo dimenticato della Costituzione, il 110: «Spettano al Ministro della Giustizia — tra una chiacchiera e l’altra sul costo delle intercettazioni da tagliare (in realtà il costo è già crollato in media a 1.364 euro per bersaglio dai 2.297 euro del 2005) o sull’urgenza di separare le carriere tra pm e giudici (passaggio che in un anno ha riguardato 21 magistrati su 9.000) — l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia».