Non convince la nuova disciplina delle misure cautelari e sull’abuso d’ufficio c’è il rischio infrazione
Rivendica come dovere, da non intendere come entrata a gamba tesa sulle prerogative della politica, quello di intervento sulle riforme della giustizia in corso. E ascoltarne la voce è semmai indice e dimostrazione della qualità della democrazia. Poi l’Anm scende nel dettaglio e, in uno dei documenti finali, approvati dal comitato direttivo centrale, smonta pezzo per pezzo la riforma Nordio ormai alla firma del Capo dello Stato prima dell’esame in Parlamento, auspicandone un profondo ripensamento che tenga conto di tutte le criticità esposte.
Abuso d’ufficio a rischio infrazione
Per l’Associazione magistrati innanzitutto l’abolizione del reato di abuso di ufficio si colloca «in contrasto con l’indirizzo politico perseguito a livello internazionale, consistente nel potenziamento degli strumenti di prevenzione e repressione della corruzione, ed espongono l’Italia al rischio di procedure d’infrazione». Dove è chiaro l’eco delle polemiche sollevate dalle parole del commissario europeo Didier Reynders su un indebolimento delle misure di contrasto alla corruzione, con il ministro della Giustizia Carlo Nordio che nel corso dei lavori del G7 a Tokyo, nelle ore successive, ha illustrato a Reynders l’insieme dei reati, 18, contro la pubblica amministrazione, considerati pienamente sufficienti a rispettare gli standard europei.
Sul traffico d’influenze pericolo impunità
La riformulazione del reato, come elaborata dal ministero della Giustizia per tentare di renderlo meno vago, finirebbe, sottolinea l’Anm, con il rendere leciti comportamenti pericolosi per la formazione delle decisioni della pubblica amministrazione, suscettibili di inquinare il processo decisionale e la comparazione degli interessi coinvolti dall’esercizio del potere pubblico.
Misure cautelari, riforma inattuabile
Le novità in materia cautelare, imperniate sull’interrogatorio preventivo, osserva l’Associazione delle toghe, «rischiano di determinare difficoltà di attuazione del controllo del giudice sull’iniziativa cautelare soprattutto nei procedimenti cumulativi ed avranno un effetto devastante sugli uffici». La previsione di un organo collegiale cui affidare l’adozione delle misure di custodia appare di difficile attuazione già nei grandi tribunali e sarà pressoché impossibile da gestire negli uffici medio–piccoli, al netto dell’aumento esponenziale delle ipotesi di incompatibilità che, inevitabilmente per l’Anm, ne conseguiranno e, quindi, dell’allungamento dei tempi del processo, in chiara violazione degli obiettivi del Pnrr.
Inappellabilità incostituzionale
L’intervento sulla limitazione del potere di appello del pubblico ministero, anche tenuto conto dell’estensione delle ipotesi di giudizio a citazione diretta previsto dalla riforma Cartabia, data l’ampiezza del divieto di impugnazione rischia di entrare in frizione con i principi scolpiti nella sentenza della Corte costituzionale n. 26 del 2007, che già si pronunciò dichiarando l’illegittimità della precedente legge Pecorella.