La manifattura Usa oggi produce poco meno del 20% dei beni consumati in tutto il mondo. Gli americani non hanno più persone che abbiano voglia e competenze per realizzare certe merci, ne hanno altre con ambizioni e attitudini diverse

La terapia dipende dalla diagnosi. I dazi annunciati e temporaneamente sospesi da Trump hanno scioccato l’Europa. Che però tende a condividere l’analisi da cui quei dazi discendono. Gli Usa (e l’Occidente) si sarebbero «de-industrializzati», la «delocalizzazione» metterebbe a rischio la tenuta del tessuto sociale e in fondo lo stesso primato geopolitico americano.
Forse le cose non stanno proprio così. La manifattura Usa oggi produce poco meno del 20% dei beni consumati in tutto il mondo. La capacità industriale — la misura in cui l’industria è in grado di generare valore nella forma di manufatti — è secondo la FED del 10% superiore a quanto era nel 2001, presunto annus horribilis dell’entrata della Cina nel WTO.
Certo, gli americani oggi fanno cose molto diverse. Non hanno più persone che abbiano voglia e competenze per realizzare certe merci, ne hanno altre con ambizioni e attitudini diverse. Vuol dire che se la passano peggio?
Il segretario al commercio Lutnick ha profetizzato che, grazie ai dazi, perderanno il posto i «milioni e milioni di esseri umani che avvitano piccolissime viti per assemblare gli iPhone» nel resto del mondo. Sono sicuri i nostri amici americani, che sono questi i lavori che desiderano? Che non sia meglio essere impiegati in mestieri meno duri e più gratificanti, inventare nuove applicazioni per i telefonini anziché assemblarli?
È vero che sono diminuiti gli occupati nell’industria, ma sono più produttivi. Se è per questo gli occupati nell’agricoltura sono una frazione rispetto a cent’anni fa, e nessuno teme la fame.
Le supply chain internazionali sono l’esito delle valutazioni e del calcolo delle convenienze da parte delle imprese, che si traducono in prezzi inferiori per i consumatori. Rimpatriare certe produzioni significa intestardirsi nel fare cose che non ci conviene più fare.
La differenza fra i ricchi e i poveri è che i ricchi fanno fatica in palestra, i poveri per guadagnarsi il pane. Non è così irragionevole preferire la palestra.

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