22 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

Musulmani

Tra i connazionali che hanno scelto di abbracciare la religione di Allah. Chi per curiosità, chi per inseguire un amore, chi per una scelta politica. Per tutti fondamentale il Web

«Quando nel 2005 mi sono convertita, l’islam era come il demonio. C’era stato da poco l’attentato alle Torri Gemelle. L’attenzione verso l’islam era forte, soprattutto in una visione negativa».

«Fu in que l momento che la mia curiosità si accese verso quella religione. Volevo capire cosa c’era davvero di cattivo. Dopo due anni di studi e ricerche abbracciai l’Islam, io e anche mio marito». A raccontarsi è Asmaa P., italiana di 50 anni, della quale si intravedono solo gli occhi – il resto del corpo è interamente coperto da un lungo Niqab. Asmaa P. chiede che venga divulgato solo il suo nome arabo e le iniziali del cognome, perché in quest’ultimo periodo ha paura. «Vivo ormai quasi reclusa in casa dopo i fatti di Parigi, perché continuo a subire minacce e insulti. Uno ha cercato anche di investirmi con la macchina. Ormai col Niqab esco solo in compagnia di mio marito».

Il dibattito sul Niqab riaccende i riflettori sull’Islam italiano, e questa volta fa emergere l’Islam dei convertiti italiani. Sorprende la presenza di molte donne italiane che lo indossano e di altre che vorrebbero. Un dato che spinge a indagare sulla storia e l’ideologia di questa minoranza italiana, prima sotto traccia e oggi attiva e partecipe nel dibattito dell’Islam in Italia.

Quello verso l’Islam – racconta Paolo Jafar Rada, 40 anni, di un paesino nel bergamasco di 5 mila anime – è stato un cammino lento ma di continua consapevolezza che il mondo occidentale era lontano dai valori e ideali che lui cercava. Ne è convinto al punto da fare una diagnosi lucida: «Nella fase attuale, noi ci troviamo nell’epoca che l’induismo ha definito come kali yuga, ovvero l’epoca oscura, l’epoca dove predominano le masse informi, le quali senza guida divina sono in uno stato di abbrutimento totale. L’Europa oggi vive in uno stato di materialismo diffuso o di pseudo religiosità laica. Un umanità decaduta distaccandosi da Dio». Paolo Jafar sceglie dunque l’Islam sciita, e nella figura di Khomeini trova la guida: «Colui che ha ricondotto sulla via maestra». Perché la chiesa, secondo Jafar, ha perso quando si è arresa alla modernità andando verso l’uomo invece che verso Dio.

Italiani in continua ricerca di Dio, quindi. «Da sempre – dice Asmaa – sono stata una cattolica praticante. Poi è arrivato un momento nella mia vita in cui ho sentito che la mia religione non era abbastanza. Fu in quel momento che ho iniziato un percorso di ricerca spirituale. Ho letto di tutto, finanche il buddismo».

Dal Buddismo al Salaf. Questo è il percorso di Asmaa: «Seguo la dottrina dei Salaf – afferma – quella dell’Islam puro, perché è quello che si rifà all’Islam tradizionale e letteralista, quello delle prime tre generazioni di musulmani, ossia quella del profeta e le due successive». Quello seguito da Arabia Saudita e Qatar, per intenderci. E per farlo ha la sua guida spirituale, lo Sheikh Abu Ameenah Bilal Philips, un canadese convertito all’Islam, famoso divulgatore del messaggio salafita con programmi Tv islamici trasmessi da Qatar. Lo Sheikh Abu Ammeenah Bilal Philips è anche rettore e fondatore della Islamic Online University con sede a Doha, che Asmaa segue da due anni come tanti convertiti nel mondo, grazie anche al fatto che è in inglese e on line. A dimostrazione di come il web sia centrale nella divulgazione dell’Islam.

Anche per Elena Hayam Murgia , 40 anni, sarda ma residente a Milano, il web è stato fondamentale per la conversione. «Quando ero ancora sposata – racconta -, mio marito lavorava in un’impresa con molti operai musulmani e qualche volta gli hanno regalato dei libri sull’Islam. Fu così che ho iniziato a leggerli e a conoscere l’Islam. Da quel momento ho iniziato, di nascosto da mio marito, a cercare sul web risposte a miei quesiti in lingua italiana. Nel 2011 mi sono recata da sola alla moschea di Sarocco per la conversione». Una decisione presa escludendo il marito, ma che non può nascondere a lungo. Inizia a portare il velo e a cambiare. La fine del suo matrimonio ora è imminente. Ma Elena non si sente sola, ha Allah al suo fianco. E segue alla lettera, come Asmaa, la dottrina Salaf.

Per entrambe la via maestra è quella segnata da sapienti come Ibn Taymiyyah, Ibn Qayyim al-Jawziyyah, Ibn Al B’z, al-Alb’n’. Il salafismo, anche se prende varie forme, fa alzare il livello di guardia di molti paesi perché lo ritengono un varco verso la radicalizzazione.

Elena Hayam è furiosa per la decisione di limitare la libertà delle donne di indossare il Niqab in Lombardia. «Certo, non è obbligatorio ma è consigliato soprattutto nei periodi di Fitna». Secondo un’interpretazione salafita, la Fitna è il momento storico che viviamo, periodo di prove alle quali è sottoposto il genere umano; è molto forte in Occidente con la sua strumentalizzazione del corpo della donna.

Di tutt’altra opinione è Matteo Ali Scalabrin, 38 anni, di Venezia: «Il mio abbraccio all’Islam è stato l’incontro con Rachida. La mia attuale moglie, grazie a lei ho conosciuto una cultura e una religione che mi ha fatto innamorare. Mi sono convertito in Marocco. Rachida mi ha seguito in ogni passo della conversione. Era il 2000. La mia vita è cambiata in meglio, con l’Islam. Ormai sono musulmano da 16 anni, abbiamo due figli, mia moglie ha due lauree, lavora in Italia e se in Marocco portava il velo qui in Italia lo ha tolto. Io cerco di seguire tutti i precetti islamici, ma sto alla larga dalle interpretazioni dell’Islam hanbalita e salafita, che sono il vero problema per la riforma dell’Islam perché non attualizzano i precetti islamici, non dividono il testo dal contesto. Invece c’è l’esigenza dei grandi sapienti che provano a fare un lavoro di riforma della teologia islamica, cercando di attualizzarla con i diritti umani. Ci sono sapienti musulmani contemporanei che seguo con molto interesse, come Abdullahi Ahmed Annaim, Tariq Ramadan e Mohammad Arkun solo per fare qualche esempio». Ali attraverso islamitalia.it cerca di divulgare il riformismo islamico.

Anche Silvia Aaminah Ianello, 28 anni, studentessa di giurisprudenza a Trieste, ha incontrato l’Islam grazie a un amico musulmano. «Il mio incontro con l’Islam c’è stato grazie a un ragazzo tunisino – racconta -. Sono rimasta colpita dalla sua cultura e dal suo credo Islamico, che era tutt’altro rispetto a ciò che si raccontava. Mi colpì moltissimo che il Corano, rispetto alla Bibbia, era un testo che non era mai stato snaturato, modificato dall’uomo. Il mio cammino verso la conversione è avvenuto attraverso lo studio dei libri, Internet ma soprattutto la frequentazione della moschea, dove mi sono convertita. Mi ricordo ancora il giorno, quando, nonostante i miei famigliari fossero scettici per questa mia scelta, non mi hanno mai lasciata sola. Sono andata in moschea accompagnata da mia madre, da mia zia e un mio caro amico. Mi portarono persino una torta per festeggiare. Fu un momento di grande commozione. Da quel momento la moschea diventò la mia seconda casa».

Sul Niqab, nonostante la giovane età e il fatto che si sia convertita poco meno di un anno fa, Silvia Aaminah non ha dubbi: «Non escludo di metterlo, un giorno».

 

Non è un principiante dell’Islam, invece, Luigi Ammar De Martino, 78 anni, napoletano e sciita. Nella sua cucina, un ritratto di Khamenei che versa il tè; sulla sua scrivania, almeno due ritratti di Khomeini. È stato uno dei primi convertiti all’Islam sciita. «Mi convertii all’Islam nell’83 – racconta – ma prima fu una conversione politica, alla rivoluzione in Iran che portò, attraverso il referendum del ’79, alla Repubblica islamica. Io, che ero un militante politico peronista, fui colpito dalla storia di quel popolo perché era contro l’imperialismo occidentale e il social imperialismo sovietico. La miscredenza e il materialismo contro una fede e un messaggio. Nell’Islam – dice – non esiste divisione tra religione e politica, perché in fondo cosa non è di Dio se non tutto».

 

Dunque il ruolo della Sharia è fondamentale. E se da Occidente vengono criticate alcune pratiche sharaitiche perché contro i diritti umani, è difficile sentire qualche voce contro. La Sharia è la legge di Dio, dicono. Asmaa quindi mette il Niqab, era una cantante e ha smesso di cantare. Presto però andrà a vivere in Qatar «almeno lì potrò vivere libera l’Islam nel mio Niqab». Elena Hayam Murgia non ha mai messo piede in un paese islamico, se non in Albania per il suo secondo matrimonio. Jafar e De Martino stanno bene in Italia e l’Iran lo hanno certamente visitato, e per seguire la guida Khamenei basta un’antenna parabolica e un buon wi-fi. L’Islam italiano si ispira al purismo, sciita o sunnita. Cerca di superare gli stessi musulmani con lo studio e la ricerca, e difendono il Niqab. La sfida finale sull’Islam italiano, forse, sarà tra i convertiti e il resto, tra chi è più musulmano. E allora, forse, la battaglia è già persa in partenza.

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