È necessario rafforzare la spinta in avanti del nostro Paese. Ma di questo c’è ben poca eco nelle conversazioni di maggioranza e opposizione
Ottobre si è chiuso con la notizia di un Pil sostanzialmente fermo. Non è cresciuto nel terzo trimestre rispetto ai tre mesi precedenti e solo dello 0,4% rispetto allo stesso periodo del 2023. Il mese si era aperto con un’altra notizia preoccupante fornita da chi costruisce robot in Italia, con le stime di un crollo di quasi il 26% nella domanda. Un dato che non fa ben sperare per il futuro.
L’Istat ha certificato che la crescita acquisita per il 2024 — lo 0,4%, inferiore alle previsioni — è dovuta al lieve rallentamento dell’agricoltura. Ma, soprattutto, alla «forte» frenata dell’industria. Segnali da non sottovalutare. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è stato netto nel sottolineare come gli ultimi 5 anni siano stati di crescita per il nostro Paese, persino superiore a quella di Francia e Germania. Arrivando a chiedere alle agenzie di rating di rivedere il loro giudizio.
È necessario perciò rafforzare lo slancio del Paese. Ma di questo c’è ben poca eco nelle conversazioni di maggioranza e opposizione.
Non è solo mancanza di risorse (in fondo abbiamo una spesa pubblica di oltre 1.200 miliardi). Uno dei motori fondamentali per lo sviluppo è stata Industria 4.0. Ci sono 6,3 miliardi di agevolazioni che il Pnrr indirizza alle imprese per investimenti nella transizione digitale orientata a quella ambientale. Industria 5.0 racchiude le norme per usufruirne. Ma, dalle prime indicazioni delle imprese, il provvedimento è risultato troppo farraginoso da usare, poco efficace. Ci sono poi interi settori, come l’auto, che hanno scambiato per ideologia l’avvertimento dell’Europa sulla discontinuità tecnologica sulla mobilità. In contraddizione, peraltro, con l’accusa, sempre all’Europa, di non aver fatto come la Cina, che dal 2016 ha impostato la strategia che l’ha portata a essere leader nell’elettrico. E intanto in Italia si tagliano 4,55 miliardi da qui al 2030 destinati al settore auto. Il rischio è che questo possa ripetersi in altri campi. Come quello della ricerca, snodo necessario per la competitività del Paese. Spendiamo poco meno dell’1,4% in ricerca e sviluppo. Gli Stati Uniti sono al 3,5%. Certo, il paragone con gli Usa potrebbe non reggere. Ma con la Corea del Sud che arriva al 5%?