19 Settembre 2024
meloni berlusconi salvini

meloni berlusconi salvini

Si tratta su Ronzulli e presidenze. FI chiede il Mise con le deleghe sulle tv e la Giustizia

Una giornata frenetica, un tourbillon di incontri, vertici a due (Salvini e Berlusconi), sherpa in continuo contatto, crisi di nervi, rassicurazioni e, alla fine, la situazione resta difficilissima, i nodi per la squadra non sono sciolti — anzi sono sempre più intricati —, i rapporti tra gli alleati sono tesissimi. Tra Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, raccontano, sarebbero addirittura «al minimo storico». Ma la premier in pectore, in serata, sparge ottimismo: «Le cose vanno molto bene. Poi leggo curiose ricostruzioni che saremmo “in ritardo” nella formazione del governo: immagino sappiate che non abbiamo un incarico. State tranquilli, quando lo dovessimo avere, non perderemo un minuto di tempo per fare il governo. Sono molto ottimista». Si sta «lavorando» sulla presidenza delle Camere e «non vedo grossi problemi», aggiunge, annunciando che con Berlusconi e Salvini oggi «penso che ci vedremo».

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Si va verso un vertice, quindi, indispensabile per sciogliere il ghiaccio e sbloccare una situazione impantanata. E Meloni oggi, raccontano, farà di tutto per risolvere la situazione: ha in mente una «proposta generosa» verso gli alleati, che dovrebbe venire incontro alle loro richieste: quelle della Lega, con un numero congruo di ministeri almeno in parte richiesti, e per FI: se insistono per avere la Ronzulli, un posto si troverà, ma a scapito di altri possibili ministri. Non Tajani, che la leader di FdI vuole agli Esteri. Lei stessa in serata aveva avvertito: «Coinvolgeremo le persone più adatte: nessuno si illuda che cambieremo idee e obiettivi rispetto a quelli per i quali siamo stati votati. Il nostro sarà il governo più politico di sempre».
Un modo per dire no a diktat degli alleati, ma anche che non ci saranno troppi tecnici nel suo governo. Quello che, evidentemente, ieri non è stato così chiaro o convincente per Berlusconi e Salvini, in un senso o nell’altro. Eppure i tentativi di arrivare a un’intesa sono stati tanti. In mattinata ci hanno provato gli sherpa: in via della Scrofa, La Russa e Lollobrigida, Molinari e Calderoli, Ronzulli e Barachini (e non più Tajani, pur essendo il coordinatore) hanno provato a mettere punti fermi. Ma invano.
FdI vuole la presidenza del Senato, da affidare a Molinari alla Camera, e conta che l’accordo sia a un passo; la Lega — nonostante insista per Calderoli a Palazzo Madama — potrebbe accettare ma conta il peso della seconda carica dello Stato almeno come «due ministeri», ovvero serve una rappresentanza al governo maggiore e più di spicco per loro.
Urge insomma un accordo complessivo. Bloccato dalle richieste di tutti e dalle difficoltà oggettive ma anche dallo scontro feroce sul nome di Ronzulli. Berlusconi continua a chiedere per lei un ministero, anche non di primissima fascia (il Turismo potrebbe andare), ma Meloni a ieri era ancora ferma sul no: ormai la situazione le sembra talmente pregiudicata a livello di immagine, dopo le iniziali richieste fatte per la fedelissima del Cavaliere (il ruolo di capo-delegazione al posto di Tajani e un dicastero pesante), che non vede opportuna la sua presenza al governo. Lo avrebbe spiegato anche alla stessa Ronzulli, in un colloquio riservato ieri. Si vedrà se Meloni si ammorbidirà, mentre l’azzurra si arrabbia: «Non ho mai chiesto niente, avete fatto un casino per nulla!» e Berlusconi si infuria proprio, alzando la posta: chiede il Mise per Tajani (che invece Meloni vorrebbe agli Esteri), la Giustizia per Casellati, il Sud per Prestigiacomo, e appunto un ministero per Ronzulli, oltre che altri ruoli per Bernini, Bachini, Gasparri, Pichetto.
Un muro contro muro: Meloni e Berlusconi fino a ieri sera non si erano nemmeno parlati, mentre Salvini è andato a trovare il Cavaliere appena arrivato a Villa Grande per cercare di ammorbidire un po’ le posizioni ma anche per fare una sorta di asse e argine comune di fronte al rischio che Meloni decida — dicono da FI — di scegliere lei «in casa degli altri partiti». È d’altronde il caso del Mef, il più delicato dei ministeri ancora da attribuire, ad essere illuminante: il nome di Giorgetti come possibile ministro è stato messo sul tavolo da FdI, ma la Lega non vuole che sia eventualmente conteggiato in propria quota, proprio perché non indicato da loro.
Cercasi ministri, presidenti e mediatori, insomma. E restano solo 24 ore prima del voto per le Camere: arrivarci divisi darebbe un pessimo segnale per il governo che verrà.

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