22 Novembre 2024

Fonte: La Repubblica

La dirigenza pentastellata sta lavorando per ridurre da 40 a non più di 20 il numero dei senatori dissidenti. L’appello del presidente dell’Associazione Rousseau a non spaccarsi sul voto

Cresce sempre di più lo scontro nel M5S. E Davide Casaleggio prova a mediare con un appello all’astensione tramite un post su Facebook invitando il Movimento a non spaccarsi sulla fiducia al governo Draghi, prevista per mercoledì al Senato e giovedì alla Camera. “Molti parlamentari mi segnalano che vorrebbero votare contro, non essendo passibili di sanzioni disciplinari sulla base dei precedenti e delle regole attuali, ma credo sia importante in questo momento lavorare per la massima serenità di tutti nel rispetto di regole e principi che ci siamo dati. Per questo motivo, auspico che chi senta il disagio nel sostenere questo governo percorra la scelta della astensione”.
Scrive ancora il presidente dell’Associazione Rousseau: “Credo che le azioni del Movimento 5 stelle debbano portare a una unione di intenti per poter mantenere una forza negoziale importante nei prossimi passaggi parlamentari a difesa delle riforme fatte. In questi giorni ho ricevuto migliaia di messaggi e solo durante questo weekend, sulla casella dell’Associazione Rousseau, è arrivata in media una email al minuto sulla mancata costituzione del Superministero che sarebbe dovuto nascere dalla fusione di Mise e Ambiente, come previsto – rimarca Casaleggio – dal quesito a garanzia dell’avvio del governo. Se non sarà possibile sottoporre un nuovo quesito agli iscritti credo sia comunque importante non creare una divisione nel gruppo parlamentare”, è la preoccupazione manifestata dal figlio del cofondatore del Movimento. Parole che hanno agitato ancor più gli animi e in pochi minuti la rabbia è esplosa nelle chat dei parlamentari, sul piede di guerra è soprattutto l’ala governista. E anche i direttivi di Camera e Senato non la prendono affatto bene.
E mentre Beppe Grillo su Twitter manda al presidente del Consiglio, Mario Draghi, un preciso messaggio con un collage alla Warhol di foto del neo premier con una secca richiesta “now the environment. Whatever it takes”, (“ora l’ambiente, a qualsiasi costo”) citandone la sua frase più celebre, nel M5S la tensione resta ancora alta, soprattutto nel gruppo pentastellato del Senato.
La dirigenza dei cinquestelle sta tuttavia lavorando per ridurre l’area del dissenso a una decina di deputati e a massimo di 20 senatori. Ma al momento non si è voluta raggiungere alcuna mediazione e resta così ferma la posizione di quanti sono orientati a non dare, sia votando no sia astenendosi, la fiducia al governo di Mario Draghi. Tanto che nella riunione che si è svolta oggi c’è anche chi, a un certo punto, vista la situazione, ha abbandonato il confronto. La ‘deadline’ è fissata per mercoledì mattina, quando il premier illustrerà a Palazzo Madama il programma del nuovo esecutivo. E non è escluso che entro quel termine possa essere convocata un’assemblea congiunta degli eletti 5 stelle nei due rami del Parlamento, anche se, al momento, non è ancora stata fissata. Intanto, le voci dei dissidenti si sono fatte sentire anche oggi: la senatrice Barbara Lezzi ha ribadito il proprio ‘no’ e la richiesta di una seconda votazione su Rousseau; a lei si sono uniti Mattia Crucioli, anch’egli senatore, e Pino Cabras, deputato. Alla Camera sarebbero orientati al no anche Francesco Forciniti, Alvise Maniero e Raphael Raduzzi.
Se al Senato, infatti, fonti riferiscono che sono numerosi i senatori ‘dissidenti’ rispetto alla decisione della maggioranza di sostenere il nuovo esecutivo, resta l’incognita pallottoliere M5S anche alla Camera. A Montecitorio manca l’unanimità per il sì, ma i contrari – la cui consistenza numerica non è ancora definita – non si sono ancora espressi apertamente.
La dirigenza di M5S, da Vito Crimi a Luigi Di Maio, non sta con le mani in mano e ha aperto un canale di dialogo con con tutti i dissidenti sul cosiddetto “lodo Brescia” dal nome di Giuseppe Brescia che sabato ha fatto notare come si possa incidere sulle scelte del governo più come voce critica all’interno del Movimento che non fuori dalla maggioranza di governo. Martedì 16 si voterà su Rousseau sulla nuova governance del Movimento che prevede un direttorio di cinque persone, entro cui potrebbe trovare posto la voce della minoranza, che avrebbe dunque garanzie interne. L’obiettivo è di ridurre da 40 a non più di 20 il numero dei senatori dissidenti (sui 92 complessivi) e a una decina quelli a Montecitorio (su 190).

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