10 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Massimo Franco

Il presidente del Consiglio, dopo giorni convulsi, prova ancora a far decollare, o almeno a non fare affondare, il suo esecutivo tra Cinque Stelle, Pd, Leu e Italia viva


Il tentativo di recuperare spazio di manovra e credibilità è vistoso. E la ripresa di una trattativa con ArcelorMittal per tenere aperta l’acciaieria ex Ilva di Taranto ne è una sorta di premessa. Così, dopo giorni convulsi, il premier Giuseppe Conte prova di nuovo a far decollare il suo governo tra Movimento Cinque Stelle e Pd, con le appendici di Leu e Iv; o almeno a non farlo affondare. Ieri ha rivendicato di avere «evitato un disastro economico-sociale», portando Mittal a «tornare sui suoi passi». Non era un risultato scontato, e tuttora non lo è: bisognerà capire su quale compromesso si riparte.
Ma a Conte premeva misurare il grado di tensione all’interno del M5S; e quanto questo si può riverberare sulla tenuta dell’esecutivo, visto che si tratta della formazione maggiore. L’intervento del «garante» Beppe Grillo contro chi chiede la testa di Luigi Di Maio, ministro degli Esteri e capo politico in affanno, ha solo diplomatizzato lo scontro. E sebbene somigli più a un congelamento che a una rilegittimazione, consente a Palazzo Chigi di tirare il fiato. Conte può chiedere tempo per ricalibrare un piano industriale insieme al colosso franco-indiano. Ora dichiara, con un filo di sollievo, che i Cinque Stelle pur avendo «tante anime», non metteranno in difficoltà il governo. Suona come un auspicio, più che come una certezza. Sa di avere l’appoggio, sebbene guardingo verso gli alleati, del segretario del Pd. Ieri Nicola Zingaretti ha ribadito che Conte va aiutato nella «ricerca di una sintesi». E il premier ha dichiarato di fidarsi di Di Maio e anche dell’Iv di Matteo Renzi. Vuole spargere camomilla su una coalizione incline dall’inizio a disunirsi.
Il M5S, in particolare, continua a ribollire di scontento. Nelle settimane scorse è parso quasi che Di Maio non facesse parte della maggioranza. Ma benché fossero arrivati ruvidi richiami a non assumere un ruolo più politico, ieri Conte ha difeso il M5S. «Definirlo partito di opposizione mi sembra ingeneroso», ha detto, proprio mentre Di Maio incontrava i rappresentanti dell’Emilia-Romagna, dove si vota a fine gennaio, in una riunione a porte chiuse. Il tema delle alleanze alle Regionali rimane uno dei motivi di contrasti: non solo tra Pd e M5S, ma nelle file grilline. La mediazione di Grillo non ha chiarito le cose. E la prospettiva che presto il ministro degli Esteri sia affiancato da una guida collegiale prefigura una fase di transizione non facile. Il timore che il M5S sia quello in picchiata raffigurato dai sondaggi non aiuta. La Lega di Matteo Salvini e FdI di Giorgia Meloni continuano a attaccare il governo su tutto, dall’immondizia a Roma ai rapporti con l’Europa. Ma forse è proprio il terrore che l’esecutivo crolli e si vada al voto anticipato, a costringere tutti a arginare le divergenze.

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