Fonte: Corriere della Sera
di Massimo Franco
Più le previsioni si mostrano buie, più l’esecutivo gialloverde tenta di accreditarle come rosee. Si spinge a «scommettere» su una ripresa: verbo in voga nella maggioranza
La tesi del premier Giuseppe Conte è che ci si trovi davanti non a un libro dei sogni, ma a un «libro delle azioni»: nel senso di opere che il suo governo dimostrerà presto di consegnare all’opinione pubblica. E il simulacro di intesa che Movimento Cinque Stelle e Lega ostentano sulla prossima Legge finanziaria dopo le riunioni di ieri conferma l’impressione di una tregua: sebbene non sia possibile prevedere quanto lunga. Più le previsioni si mostrano buie, più l’esecutivo gialloverde tenta di accreditarle come rosee. Si spinge a «scommettere» su una ripresa: verbo in voga nella maggioranza. Dunque, il Fondo monetario internazionale prevede un’Italia ferma, inchiodata a un immobilismo che somiglia tanto alla recessione. E il governo, rispetto a settembre quando indicava una crescita del Prodotto interno lordo dell’1,5 per cento nel 2019, prima l’ha ridotto all’ 1 per cento, a fine dicembre; e ora allo 0,1, mentre l’Ocse dà un meno 0,2.
La differenza di linguaggio tra Tria e vertici di governo
Con queste percentuali, l’idea di avere soldi per ridurre la pressione fiscale appare come minimo azzardata. Non a caso, la cosiddetta flat tax voluta dalla Lega e della quale il vicepremier grillino Luigi Di Maio si candida a «garante» dei poveri, ha contorni nebulosi. Cinque Stelle e Lega scansano le accuse di promettere fumo e di peggiorare i conti pubblici, sostenendo che è colpa del rallentamento a livello globale. La situazione dell’Italia sarebbe legata a quello, non alle scelte dell’esecutivo populista. Ma la differenza di linguaggio tra il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, e i vertici del governo, abbinata alle proiezioni delle istituzioni europee e mondiali, non riflettono l’ottimismo governativo. Anzi, lo contraddicono pesantemente. Il nostro Paese è in coda in Europa per la crescita. E il timore di un trauma finanziario che arriverebbe dai mercati prima ancora delle elezioni del 26 maggio, è ben nascosto. Eppure aleggia, si capta, e non soltanto nei commenti liquidatori delle opposizioni.
No a manovre correttive
Non deve ingannare la rapidità con la quale ieri sera il Consiglio dei ministri ha approvato il Documento di economia e finanza, dopo due ore di prevertice. Le proiezioni sulla crescita debbono confrontarsi con casse dello Stato esangui: reddito di cittadinanza del M5S e Quota 100 sulle pensioni della Lega le hanno consumato i margini di manovra. C’è un no a manovre correttive e un sì al rispetto degli obiettivi fissati dall’Ue. C’è da sperarlo: altrimenti quello delle azioni si trasformerà in un «libro degli incubi».