Fonte: Corriere della Sera
di Massimo Franco
Raggiunto l’accordo su Tav, M5S e Lega tornano a manifestare disaccordo su quasi tutto
Fissate le piccole colonne d’Ercole delle Europee, la maggioranza può tornare a dividersi. Il patto tacito è che va archiviata la crisi di governo non solo come ipotesi concreta ma anche soltanto come possibilità. Raggiunto l’accordo su questo, M5S e Lega tornano a manifestare disaccordo su quasi tutto, in apparenza senza vincitori né vinti. In realtà, con i rinvii su Tav e autonomia regionale, e con le tensioni create con Washington per il coinvolgimento nel progetto della «Via della Seta» cinese, si logora sempre più la credibilità italiana: tanto che il governo è costretto a ribadire la nostra collocazione euroatlantica.
Il patto di potere regge, protetto dai cavilli del premier Giuseppe Conte per arrivare alle Europee senza decidere. Il resto è campagna elettorale. Con il vicepremier grillino Luigi Di Maio «promosso» fondatore del Movimento insieme a Davide Casaleggio: un modo per puntellare la sua leadership ammaccata, e per attenuare l’accerchiamento interno. E con un tentativo dei Cinque Stelle di additare divisioni dentro la Lega tra il leader Matteo Salvini e il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, definito «l’uomo del sistema».
Il rinvio dei bandi sull’Alta velocità Torino-Lione viene salutato come una vittoria, e la premessa che la tratta ferroviaria non si farà. Che sia così o no, poco importa. È il risultato immediato a contare, in vista delle Europee. Dunque, si assisterà per settimane a Di Maio che celebra la fine della Tav, e a Salvini che assicura la sua realizzazione subito dopo. Idem sull’autonomia regionale, che il M5S è riuscito a far slittare a dopo l’estate. La nuova fase prevede una strategia dei Cinque Stelle dai contorni confusi ma chiari nell’obiettivo.
Deve limitare le perdite; arginare un’emorragia in direzione della Lega e del Pd; e creare le condizioni per durare anche dopo il voto del 26 maggio. La convinzione è che nemmeno Salvini vuole rompere, come si è visto in questo passaggio convulso. La Lega ha bisogno di tempo per intestarsi la leadership indiscussa del centrodestra. E senza capire qual è la sua vera consistenza, ogni forzatura potrebbe rivelarsi un azzardo.
Ma avere assecondato il reddito di cittadinanza, e adesso una confusione oggettiva sia sull’autonomia regionale, sia sulla Tav, non è il viatico ideale per un’ulteriore ascesa nei sondaggi: in particolare nel «suo» Nord. D’altronde, per il vicepremier leghista, come per Di Maio, non ci sono margini per tornare indietro. Deve andare avanti, per ora con questa strana alleanza contrattuale, poi si vedrà. E Conte ha tutto l’interesse a coprire le spalle a entrambi: per lui la strada è ancora più obbligata.