24 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Aldo Cazzulo

Sarà la legislatura più breve, ma è sembrata lunghissima. Anche perché sono stati gli ottantaquattro giorni più pazzi del mondo. La notte del 4 marzo un po’ tutti come d’abitudine dicono di aver vinto. In realtà per Berlusconi il sorpasso di Salvini è la più grave sconfitta della vita. Anche il sorriso della Meloni è amaro: se la Lega sfonda pure a Roma e al Sud, il suo partito cosa ci sta a fare? Gli unici che proprio non possono cantare vittoria sono quelli del Pd, scesi al minimo storico della sinistra italiana, ma Renzi fa sapere: non mi dimetto.
Il 5 marzo Di Maio rivendica la guida del governo: «Sono pronto a parlare con tutti». Poi scende dal palco dell’hotel pariolino affittato per l’occasione — un 5 stelle, ovviamente — senza rispondere alle domande, e senza cancellare come sempre l’impressione di aver mandato a memoria la parte scritta dalla Casaleggio&Associati. Salvini invece tiene discorsi più lunghi di Fidel Castro, felice perché la sua pagina Facebook ha superato quella di Macron: dopo la Merkel è ora il politico europeo con più amici. Fa sapere però che il premier non sarà lui: «Sono pronto a un passo indietro». Renzi si dimette, ma non subito. Berlusconi: «Il centrodestra è unito».
Le danze si aprono con l’elezione dei presidenti di Camera e Senato. Salvini e Di Maio si mettono d’accordo alle spalle di Berlusconi, costretto a sacrificare Romani, che lascia la guida dei senatori. Grande sollievo dei senatori, seguito da quello dei deputati; anche Brunetta rinuncia a fare il capogruppo. Sono eletti Maria Elisabetta Alberti Casellati, che Il Fatto chiama Serbelloni Mazzanti Viendalmare come la contessa di Fantozzi, e Roberto Fico, che semina il panico andando a Montecitorio prima in autobus, poi su un taxi inseguito da due macchine di scorta. Di Maio invece si muove in auto, precisando che non è blu ma grigia. Renzi: «Le mie dimissioni sono vere e operative fin da subito». Berlusconi: «Il centrodestra è più unito che mai, mi fido di Salvini».
Al primo giro di consultazioni, il centrodestra si presenta al Quirinale diviso. Berlusconi chiede l’incarico per Salvini, che però non lo vuole: «Non vado a cercare deputati alla Camera tipo funghi nel bosco».
Secondo giro di consultazioni. Il centrodestra stavolta si presenta unito. Ma mentre Salvini prende la parola per aprire ai grillini, Berlusconi prima gli fa il verso, poi gli strappa il microfono e definisce i grillini nemici della democrazia. Pre-incarico lampo alla Casellati, che riesce a combinare più pasticci della suddetta contessa, tipo evocare ministeri per i forzisti Malan e Carfagna davanti ai grillini, che il governo con Forza Italia non lo vogliono fare. Secondo pre-incarico, stavolta a Fico, per verificare l’ipotesi di un’intesa Cinque Stelle-Pd. Dopo due giorni Fico annuncia sorridente: «Il mandato ha avuto esito positivo». Martina conferma che i colloqui possono partire. Renzi va in tv: «Non possiamo fare i soci di minoranza di Casaleggio». Di Maio fa sapere che i colloqui sono finiti prima di cominciare. I loro nemici sostengono che i due hanno trattato in segreto, ma proprio non si sono presi. Berlusconi ribadisce l’unità del centrodestra.
Terzo giro di consultazioni. Di Maio richiede l’incarico per sé e annuncia: «Sta per nascere la Terza Repubblica». Stavolta però l’incarico lo chiede anche Salvini. Mattarella non lo dà a nessuno dei due. Consulta tutti, ma proprio tutti, anche il presidente del Potenza calcio Salvatore Caiata con i capelli lunghi fin sulle spalle, «in rappresentanza dei deputati 5 Stelle che i 5 Stelle non vogliono più». Alla fine propone un governo neutrale. Gli rispondono no tutti — «piuttosto ci teniamo Gentiloni» — tranne il Pd, che sarebbe il partito di Gentiloni. Salvini: «Siamo pronti a votare già il 15 luglio». Di Maio: «Noi siamo pronti già l’8». Giganteggia al confronto l’onorevole Caiata: «Non tocca a Salvini e a Di Maio fissare la data delle elezioni».
La minaccia di un similMonti ha l’effetto di gettare i dioscuri nelle braccia l’uno dell’altro. Di Maio rinuncia a Palazzo Chigi (ma ci proverà fino all’ultimo) e assicura che il premier sarà «un amico del popolo». Berlusconi rinuncia al suo veto e lascia libero Salvini di provarci: «Mi fido di Matteo». Grillini e leghisti scrivono il programma per il governo più pazzo del mondo. Una mano anonima recapita al sito Huffington Post una bozza di programma, come si faceva negli anni 70 con i comunicati Br. Si parla di uscire dall’euro e cancellare un po’ di titoli di Stato. Segue ovvia smentita: stavano scherzando. Nella versione definitiva però ci sono per davvero 160 miliardi tra nuove spese e mancati introiti. Di Maio: «È nata la Terza Repubblica».
L’incarico va a Giuseppe Conte, che ha lo stesso cognome e la stessa pettinatura dell’ex allenatore della Nazionale, ma è molto meno noto. Si sa però che ha seguito corsi alla New York University. Berlusconi: «Ho sbagliato a fidarmi di Salvini». I capi del Pd riuniscono a Roma mille delegati per informarli che è tutto rinviato; i delegati li insultano. La New York University fa sapere che Conte non ha mai seguito corsi neanche estivi. In rete gira la foto di Oscar Giannino, vestito da Oscar Giannino, che dice: «Me lo ricordo Conte, abbiamo studiato in America insieme».
La trattativa però non si incaglia su questi dettagli, ma sul nome del ministro del Tesoro. Il Quirinale fa notare di aver accettato ogni richiesta: il premier ignoto, Salvini agli Interni, due ministeri per Di Maio; se davvero l’accordo deve saltare per un anziano professore, è perché Salvini ha cambiato idea. Infatti il leader leghista chiede di tornare subito al voto; non si capisce con quale faccia ricostruirà il centrodestra, dopo aver dimostrato che preferisce governare con Di Maio piuttosto che con Berlusconi. Berlusconi però è tornato candidabile e si dice pronto a perdonare Matteo. Terrorizzato dal voto è il Pd, dove la reggenza Martina si rivela più complicata di quella di Caterina de’ Medici, che dopo il marito dovette seppellire tre figli e organizzare la strage della notte di san Bartolomeo. Di Maio: «Se Alfano è stato cinque anni ministro, perché non Savona?». Salvini: «Non è possibile che il 20 per cento degli italiani usino psicofarmaci».

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