20 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Lorenzo Salvia

La giustizia? «Più efficace». Alitalia? «Rilanciata, non salvata». La genericità assicura l’intesa. I passaggi del «nostro Vangelo» (Salvini) o del documento «sacro» (Di Maio) sono talmente vaghi da poter essere tirati di qua e di là senza problemi


L’Alitalia, per esempio: «Siamo convinti che vada non salvata in un’ottica di mera sopravvivenza bensì rilanciata nell’ambito di un piano strategico…» e avanti così tenendosi sul vago. Oppure un tema complesso, di quelli che danno la cifra di un governo, di un Paese intero: «L’impegno è realizzare una politica estera che si basi sulla centralità dell’interesse nazionale e sulla promozione a livello bilaterale e multilaterale». Non manca nulla, si tengono insieme non solo Lega e Movimento 5 Stelle ma quasi tutto l’arco costituzionale. O ancora una grande opera, proprio come l’alta velocità Torino-Lione che ha tenuto banco questo fine settimana: «Ci impegniamo a ridiscuterne integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia». E infatti non si è ancora capito se si farà, e in caso come.
Rileggere il «Contratto per il governo del cambiamento» aiuta a capire come il tira e molla sulla prescrizione prima e il cortese braccio di ferro sull’alta velocità poi rischino di essere solo i primi anelli di una lunga catena. Sia la Lega che il Movimento 5 Stelle hanno brandito proprio il contratto per sostenere le loro ragioni. E l’hanno potuto fare proprio perché i relativi passaggi del «nostro Vangelo» (Salvini) o del documento «sacro» (Di Maio) sono talmente vaghi da poter essere tirati di qua e di là senza problemi. Eccolo qui il passaggio sulla prescrizione: «È necessaria una efficace riforma della prescrizione dei reati». Efficace. Dicesi efficace, secondo la Treccani, ciò che produce pienamente l’effetto richiesto o desiderato. Il punto è che l’effetto richiesto o desiderato nel contratto non c’è. E quindi efficace può voler dire tutto e niente. Per assurdo sarebbe efficace anche un riforma che invece di allungare i tempi della prescrizione li accorcia. In teoria persino azzerarli potrebbe essere efficace, anzi efficacissimo. E nel pieno rispetto del contratto.
Dietro queste formule più che sfumate c’è l’esigenza reale di mettere insieme due storie molto diverse tra loro. Ma anche l’esperienza, l’astuzia politica dei leghisti, più abituati dei loro colleghi di governo a spaccare in quattro ogni parola dopo 20 anni e passa di politica. Il risultato, però, è la vaghezza come programma di governo,l’indeterminatezza come rimedio per conciliare l’inconciliabile. Un lungo elenco di zone grigie con tanti saluti al bianco e al nero. E con l’inevitabile risultato di spedire la palla in tribuna davanti alla complessità. Qualche altro esempio? Sulla cultura: «I musei devono tornare a essere poli d’attrazione e di interesse internazionale». Bene. Sul terremoto: «Bisogna chiudere la fase dell’emergenza e passare alla ricostruzione». Benissimo. Fino al capolavoro del Tap, il gasdotto tra Azerbaigian e Puglia, che nel contratto non viene nemmeno citato. Non una zona grigia ma un vero e proprio buco di nero. Il capitolo infrastrutture è del resto la linea di faglia più profonda che separa Lega e Movimento 5 Stelle. Quella che nei colloqui riservati in Transatlantico viene spesso indicata come la prova dell’incompatibilità tra i due azionisti della maggioranza. Quella che potrebbe trasformarsi nel pretesto per staccare la spina, se una delle due parti decidesse di farlo.
Nel contratto, in realtà, ci sono anche punti fissati in maniera più precisa: le pensioni d’oro e la quota 100, il reddito di cittadinanza e la Flat tax. Ma sono tutte riforme che non si sa ancora se e quando produrranno i loro effetti. Come diceva Bertrand Russell: «Tutto è vago al punto che non te ne rendi conto fino a che non hai tentato di renderlo preciso». Oppure fino a che cominci a governare.

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