L’ideologia dei miliziani non punta a creare uno Stato palestinese da governare per il bene degli abitanti, ma solo a eliminare gli «infedeli»
In questi tristi giorni in Israele e in Occidente, inizia circolare il convincimento che Hamas sia come l’Isis. Lo ha detto Joe Biden qualche giorno fa e Twitter ha ora un hashtag #hamas-isis. Purtroppo la maggioranza dei media occidentali e di coloro che li leggono non ha capito cosa sta succedendo veramente in Israele e inizia ad indignarsi per la reazione di Israele a Gaza.
Oltre a fatti ancora da confermare, come per esempio la bandiera dell’Isis addosso a terroristi di Hamas uccisi in questi giorni, l’accostamento di Hamas all’Isis oggi è gran parte il risultato della brutalità che emerge sempre più evidente man mano che si scoprono i dettagli del massacro contro i civili. Intere famiglie uccise a sangue freddo, corpi decapitati anche di bambini. La differenza con Isis è che con Isis uccisioni e decapitazioni avvenivano in diretta, ma in questo caso non era possibile e ci auguriamo di non iniziare a vederle sugli ostaggi. Donne violentate, portate in giro seminude con sangue che scorreva sulle loro gambe a testimoniare la violenza subita. Considerate come «sex slaves», come è tipico dell’Isis, e non più solo come un genere sottomesso come nella maggioranza dei Paesi arabi.
Chi conosce quel mondo capisce che questi atti abominevoli derivano da una profonda affinità ideologica tra Hamas e Isis, che risale in gran parte a una interpretazione violenta dell’Islam che ritiene legittimo uccidere gli «infedeli» che non hanno neanche diritto di essere considerati esseri umani. Atti disumani nei loro confronti sono quindi «legittimi». Non solo. Hamas è come Isis anche per le sue ambizioni che non sono solo quelle di liberare la Palestina dall’occupazione israeliana ma di «governare il pianeta» come ha detto in questi giorni uno dei comandanti di Hamas. Non diverso dall’ambizione del califfato globale di Isis che ha perseguitato tutte le minoranze religiose, compresi i cristiani e gli yazidi.
Non si tratta quindi di una lotta politica per liberare un Paese occupato ma di una lotta contro la civiltà occidentale e Israele è solo il primo passo di questa lotta. I terroristi non gridavano «morte a Israele», ma «morte agli ebrei» (di tutto il mondo) e il passo successivo è già in atto: portare il califfato ovunque, anche in quella Europa cristiana che però continua a finanziare Hamas-Isis, illudendosi che questi fondi arrivino alla popolazione palestinese. E gli attentati terroristici in Francia e in Belgio di questi giorni sono una prova che la guerra non è contro gli israeliani e gli ebrei, ma contro il mondo occidentale.
Se uno accetta questa similitudine, capisce perché, se anche ci fossero stati «due popoli e due Stati», il massacro di questi giorni non sarebbe stato evitato. Perché l’ideologia di Hamas non è quella di creare uno Stato palestinese da governare per il bene dei suoi abitanti, ma solo quella di seguire la sua ideologia, che è la stessa dell’Isis — uccidere gli «infedeli». Quando prese il potere nel 2007 sembrava interessato al welfare dei palestinesi di Gaza ma oggi è chiaro a tutti che non è così. Le centinaia di milioni di dollari di aiuti ricevuti dal Qatar e (purtroppo) dall’Europa sono andati in armi, tunnel e alle famiglie dei terroristi, non alla popolazione che è diventata uno scudo umano dietro il quale i vigliacchi di Hamas si nascondono. E in questi anni Hamas si è comportato nei confronti dei palestinesi di Gaza esattamente come Isis in Iraq e Siria, imponendo regole draconiane sulla vita quotidiana e reprimendo qualunque opposizione in modo violento. E purtroppo ha potuto farlo perché la alternativa di leadership palestinese, quella della West Bank, si è rivelata corrotta ed incapace, non per colpa di Israele.
Per tutto ciò, il benessere futuro dei palestinesi di Gaza dipende dall’annientamento di Hamas da parte di Israele e coloro ai quali esso sta a cuore debbono appoggiarlo, esattamente come una coalizione globale guidata dagli Usa ha annientato Isis in Siria e Iraq in una guerra che nel 2019 l’Osservatorio per i diritti umani ha stimato avere causato 500 mila morti.
La vera «primavera araba» comincia adesso e non con la mobilitazione contro gli ebrei del milione di arabi israeliani come incita Hamas-Isis. Gli arabi israeliani sono invece il riferimento al quale tutti gli arabi della regione dovrebbero aspirare: alto reddito pro-capite, bassa mortalità infantile, alto tasso di istruzione, alta percentuale di donne istruite che lavorano — la maggior «parità di genere» in Medio Oriente. Ed è a questo modello che dovrebbero ispirarsi gli arabi, non a quello di un Hamas-Isis che decapita i bambini. E se lo faranno, allora i leader mediorientali in Iran, Turchia, Qatar che si propongono come nuovi califfi non avranno futuro perché le masse di arabi e musulmani moderati volteranno loro le spalle. E forse arriverà una leadership anche per i palestinesi con la quale Israele riuscirà finalmente a pensare a «due popoli due Stati».