19 Settembre 2024

Fonte: La Stampa

di Paolo Mastrolilli

Dalla Convention democratica di Philadelphia attacca Trump e promette: “La mia missione è creare opportunità e lavoro”

«L’America è di nuovo davanti ad un momento di svolta, una resa dei conti. Forze potenti minacciano di dividerci. I legami della giustizia e del rispetto si stanno allentando. E proprio come era successo ai nostri padri fondatori, non ci sono garanzie. Davvero tocca solo a noi. Dobbiamo decidere se lavoreremo insieme, affinché ci possiamo risollevare tutti insieme».
In queste parole c’è la sintesi della sfida che Hillary Clinton ha lanciato ieri sera dalla Convention democraticia di Philadelphia, diventando la prima donna nella storia degli Stati Uniti ad accettare la nomination per la Casa Bianca.
Da una parte, è chiaro, ci sono le forze della divisione, che secondo lei sono incarnate dal candidato repubblicano Donald Trump. Dall’altra quelle della responsabilità, della solidarietà e della collaborazione, che invece hanno in lei il loro rappresentante. Nei prossimi cento giorni, grosso modo il tempo che manca alle presidenziali di novembre, l’America dovrà scegliere quali di queste due strade vuole percorrere.
Il discorso è cominciato con una parte personale in cui Hillary, introdotta dalla figlia Chelsea, ha raccontato la sua storia e ha cercato di riprensentarsi al pubblico, sempre sospettoso nei suoi confronti. Il 67% degli americani, ad esempio, non la giudica onesta. Non era il suo forte, come aveva ammesso lei stessa quando aveva detto che non è un talento naturale della politica, e in questa prima fase non ha brillato. E’ parsa fredda, poco capace di entrare in comunicazione con la gente, e meno ancora di emozionarla.
Poi però è passata alla sostanza, alle idee, ai programmi, che nel suo intimo sono il vero elemento sulla cui base si dovrebbe giudicare un candidato presidenziale, e poi un capo della Casa Bianca. Ha demolito Trump, accusandolo di seminare discordia e divisione, per ricavare vantaggi politici. Ma lo ha criticato anche sul piano delle idee, che secondo Hillary non esistono: «Ha detto che lui conosce l’Isis meglio dei generali. Donald, non è vero, non sai nulla del terrorismo». Ha detto che vuole mettere l’America al primo posto, «ma fa tutti i suoi prodotti all’estero. Potrebbe cominciare tornando a costruire qualcosa negli Usa».
Clinton invece è scesa nei dettagli delle iniziative che promette di prendere, per rilanciare un’America che era e resta grande. Ha cominciato dall’economia, dove vuole alzare il salario minimo, aumentare le tasse ai ricchi che non le pagano, denunciare i trattati commerciali che penalizzano i lavoratori americani, costringere le aziende Usa a non esportare il lavoro. Su questi punti, che riguardano in generale la lotta alla disuguaglianza, ha riconosciuto il ruolo di stimolo avuto dal suo avversario Bernie Sanders, promettendo di lavorare con lui per rendere l’università gratuita accessibile a tutti coloro che non possono permettersi quella privata. Allo stesso modo, guardando all’elettorato giovane che durante le primarie l’ha evitata, ha detto che «io credo alla scienza, penso che il riscaldamento globale sia vero, e voglio agire per fermarlo». Ha promesso anche di difendere i diritti delle donne, a partire dalla nomina di giudici della Corte Suprema che riconoscano la legalità dell’aborto e delle altre conquiste sociali fatte negli ultimi decenni.
Quindi è passata alla politica estera, criticando la superficialità con cui Trump ha messo in discussione alleanze fondamentali per la sicurezza americana come la Nato. Ha promesso di affrontare la minaccia terroristica e di sconfiggere l’Isis, usando però la testa. Quindi potenziando il lavoro di intelligence, continuando la strategia militare che sta soffocando lo Stato islamico, senza però alienare la popolazione islamica che sarà decisiva per piegare l’estremismo anche sul piano culturale e mentale.
Hillary ha chiuso il discorso citando lo slogan della sua campagna, «stronger together». Nessuno, secondo lei, è in grado di risolvere tutti i problemi da solo, anche perché questo atteggiamento da uomo forte adottato da Trump contraddice lo spirito della democrazia americana. Invece insieme, restando uniti, gli Usa possono superare qualunque prova. Agli elettori ora toccherà la decisione fra i due modelli, da maturare nei prossimi cento giorni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *