Fonte: La Stampa
di Paolo Mastrolilli
Trump ha scelto di essere se stesso, nel primo dibattito presidenziale di ieri sera alla Hofstra University, andando spesso all’attacco frontale contro Hillary Clinton sui commerci, le mail, l’Isis, l’Iran. Lei ha riposto concentrandosi sulla sostanza dei temi, ma anche colpendo duramente su questioni come la dichiarazione dei redditi mai pubblicata, la costruzione e la gestione dell’azienda di Donald, la campagna per dimostrare che Barack Obama non è nato negli Stati Uniti. Alla fine, secondo un sondaggio istantaneo della Cnn, il 62% dei circa 100 milioni di spettatori ha spento la tv pensando che lei abbia vinto, contro il 27% che ha preferito lui. Secondo un rilevamento di Time, però, il 59% ha apprezzato Trump e il 41% Clinton.
Il primo dibattito è arrivato sullo sfondo della rimonta di Donald, che nelle ultime settimane ha annullato il vantaggio di Hillary dopo le Convention di luglio. Secondo la media dei sondaggi fatta da Real Clear Politics, Clinton in questo momento ha il 42,6% dei consensi contro il 41,1% di Trump, un distacco esiguo di un punto e mezzo, che secondo altri rilevamenti neppure esiste. Il candidato repubblicano quindi ha deciso di continuare sulla linea degli attacchi, cominciando dalla prima domanda sul lavoro: «Sono trent’anni che la segretaria Clinton ci pensa, ma ancora non è riuscita a fare nulla per risolvere questo problema». Lei ha replicato che «probabilmente alla fine di questo dibattito sarò stata accusata di tutto quello che non va bene al mondo», e lui ha replicato secco: «Perché no?».
Hillary ha scelto di chiamare il suo avversario sempre Donald, perché sa che questo lo infastidisce; lui ha preferito chiamarla segretaria, un po’ per mostrare rispetto, e un po’ per ricordare che è stata al governo con Obama e quindi ha la responsabilità delle molte cose che non vanno. L’ha attaccata sui trattati per il commercio internazionale, mettendola sulla difensiva perché il marito Bill aveva firmato il Nafta, «l’accordo più disastroso di sempre» perché ha fatto scappare i posti di lavoro americani in Messico e in altri paesi.
Lei si è rifatta accusandolo di non aver pubblicato la dichiarazione dei redditi «perché nasconde qualcosa di molto grave. Ad esempio, sappiamo che spesso non ha pagato un dollaro di tasse». Lui non ha battuto ciglio, e ha risposto: «Questo mi fa apparire furbo. Non posso pubblicare la dichiarazione perché sono sotto un controllo del fisco, ma lo farò quando lei pubblicherà tutte le 33.000 mail segrete che ha cancellato».
Trump è stato spavaldo anche quando la Clinton lo ha accusato di aver tifato per il crollo del mercato edilizio nel 2008, perché così avrebbe fatto affari: «Questo – ha risposto lui – si chiama business». Hillary ha ribattuto: «Se il modo in cui gestisci il tuo business è la carta per diventare presidente, dobbiamo esaminarlo bene. Non paghi i fornitori che lavorano per te, e hai fallito quattro volte».
Trump è tornato all’attacco sulle mail. Quando lei ha risposto che «si è trattato di un errore che non ripeterei», l’ha bruciata: «Non è stato un errore. Lo hai fatto apposta per nascondere quello che facevi».
Donald ha accusato Hillary di aver creato l’Isis, perché «ritirandosi dall’Iraq, lei e Obama hanno creato lo spazio dove poi è nato lo Stato islamico». Lei ha replicato che lui non ha un programma per sconfiggere Daesh: «Dice di avere un piano segreto, ma l’unico segreto è che non ha alcun piano». Discorso simile sull’Iran: «Io ho costruito il regime di sanzioni che hanno obbligato Teheran a negoziare lo stop al suo programma nucleare; lui dice che se le navi iraniane si avvicinassero a quelle americane nel Golfo Persico le farebbe saltare in aria, provocando una guerra».
Anche sulle tensioni razziali lo scambio è stato serrato. Lui ha ripetuto che i neri stanno male come mai nella storia americana, perché politici come Hillary li hanno traditi. Lei allora ha reagito usando la campagna che lui aveva finanziato per dimostrare che Obama non è nato negli Usa: «La sua carriera politica è cominciata con questa bugia razzista». All’inizio di quella imprenditoriale, poi, «il dipartimento alla Giustizia ti aveva fatto causa perché non affittavi le case ai neri».
Poi si sono scontrati sulla sicurezza digitale, che era in realtà una maniera per attaccare la simpatia, se non l’alleanza, fra Trump e il presidente russo Putin: «Lo hai invitato – ha detto Clinton – a spiare il nostro sistema digitale. Questo ti squalifica come garante della sicurezza americana». Hillary poi lo ha accusato di aver definito il riscaldamento globale come «una bugia inventata dai cinesi», e di aver insultato le donne.
Finito il dibattito, Trump stesso ha parlato ai giornalisti per spiegare che aveva vinto, e il suo sostenitore Rudy Giuliani ha aggiunto: «Ha spiegato cosa può fare per rendere grande di nuovo l’America, creare lavoro e crescita, mentre Hillary ha ripetuto le vecchie frasi fatte dei politici». Il manager di Clinton, Robby Mook, ha invece visto il contrario: «E’ incredibile quanto fosse impreparato Trump. Il dibattito ha chiaramente dimostrato che sul palco c’era una sola persona in grado di fare il presidente, e quella persona era Hillary».
Alla vigilia si pensava che Donald avrebbe moderato i toni, per apparire presidenziale. Invece ha perso presto la pazienza, interrompendo e aggredendo Clinton. Lei è rimasta più tranquilla, anche se nella fase iniziale del dibattito sembrava travolta dagli attacchi. Presto capiremo dai sondaggi se questo è bastato a fermare il “momentum”, l’inerzia che da diverse settimane favorisce Trump.