Fonte: La Repubblica
di Raffaella Menichini
Neanche le volgarità sessiste di Trump, rivelate in piena campagna, sono riuscite a spostare il voto delle donne. Hillary ha pagato la rabbia profonda di una buona fetta di America che si è sentita tradita dall’establishment
“Lock her up”, “Arrestatela”. Il canto della folla che aspetta Donald Trump a New York riassume la rabbia che ha travolto i sogni di una vita di Hillary Clinton, bloccando sulla soglia della poltrona più prestigiosa una carriera lineare di impegno, competenza, e tanto potere. Da attivista per i diritti dei giovani detenuti, delle madri single, dei bambini disabili, a spalla incrollabile del marito presidente in 8 anni da first lady alla Casa Bianca, a senatore dello Stato di New York dal 2001 al 2009, e poi segretario di Stato con Barack Obama dal 2009 al 2013, quando ha cominciato a lavorare alla candidatura di quest’anno. Una catena di incarichi di potere praticamente ininterrotta, con lo sfondo della Fondazione Clinton che nel nome suo e di Bill ha svolto importanti attività benefiche ma anche macinato donazioni, consulenze, relazioni.
E’ questo, il potere e la forte “connessione” con gli ambienti forti di Washington, il vero “peccato originale” che l’America non ha perdonato a Hillary Clinton. La sorprendente conclusione della campagna elettorale più astiosa, mendace, deviata di tutta la storia americana ha tante radici, ma di certo l’impopolarità della candidata democratica è stato l’elemento più eclatante fin dall’inizio, la traccia che era visibile – seppur non nelle sue dimensioni – mentre scavava il solco tra Hillary Clinton, il partito democratico, e persino il suo predecessore Barack Obama e la grande maggioranza del Paese, o almeno di coloro che hanno deciso di andare a votare ieri.
L’America non avrà dunque la sua prima presidente donna, quel “soffitto di cristallo” che Hillary era già pronta a indicare nella sala che stanotte avrebbe dovuto celebrare la sua vittoria, è rimasto intatto. “Con lei tante bambine in questo Paese potranno sognare di potere essere qualsiasi cosa nella vita”, mi ha detto poche ore prima del voto una studentessa e attivista democratica dell’Università di Indianapolis.
Ma il “fattore donna” alla fine non ha giocato il ruolo centrale che avrebbe potuto. Se ne è parlato poco durante la campagna elettorale, la stessa Hillary non l’ha quasi mai sfruttato e Barack Obama ha più volte sottolineato come lei fosse “la persona più qualificata per il posto di presidente, che è casualmente una donna”. Che sia stata o meno una strategia di recupero sui quei “maschi bianchi spaventati” che sono stati individuati come la forza trainante del successo di Trump, la decisione di puntare sulla competenza di Hillary contro l’instabilità e inconsistenza del tycoon non si è dimostrata vincente. Neanche le volgarità sessiste di Trump, rivelate in piena campagna, sono riuscite a spostare il voto delle donne, che evidentemente hanno contribuito in modo massiccio a portare Trump alla Casa Bianca. “Vogliono una donna presidente, ma non questa donna”, osservava prima del voto la sondaggista Ann Selzer.
Su tutto ha vinto la diffidenza verso “crooked” Hillary, Hillary la corrotta – che ora Trump nel discorso del trionfo omaggia in modo bizzarro: “Ha lavorato tanto per il Paese, abbiamo tutti un dovere di gratitudine, e dico sul serio” – dopo averla insultata fino alla volgarità. Lei, la “nasty woman” – donna cattiva – come l’ha apostrofata Trump durante uno dei dibattiti che lei invariabilmente vinceva, secondo gli osservatori, ma evidentemente già non contavano niente. Non avrebbero potuto spostare la rabbia profonda di una buona fetta di America che si è sentita tradita dall’establishment. Hillary è il volto della politica lontana dai cittadini, anche se lei l’ha praticata fin da giovanissima in mezzo ai più diseredati. La sua storia non è diventata parte della narrazione della campagna, finita presto ostaggio degli scandali più o meno comprovati delle email scambiate su server non sicuri, delle teorie cospirazioniste più strampalate, dal satanismo all’alleanza con i cinesi. Clinton si è lasciata trascinare nel vortice degli attacchi reciproci, degli spot velenosi e negativi, non è riuscita a contrapporre la ragione dei programmi all’esaltazione per la promessa di una terra ricca e prospera. Per Hillary dalle tante vite questa notte è stata di certo la più lunga, forse l’epilogo di una vita vissuta in pubblico, al servizio dell’America.