22 Novembre 2024

Fonte: La Repubblica

di Bianca De Fazio

La scrittrice Viola Ardone: “La chiusura è una dichiarazione di impotenza”

“È una grave sconfitta per tutti. La pagheranno i ragazzi più fragili, quelli che non hanno una famiglia alle spalle che riesca a sostenerli anche nello studio. Una sconfitta, ma non si possono fare miracoli. Le scuole sono avvolte nel caos, tra gestione di casi Covid, tracciamenti dei compagni e degli insegnanti, difficoltà a contattare le Asl, famiglie pronte a qualsiasi tipo di rimostranza nei nostri confronti..”. Angela Cambri è la dirigente di un istituto comprensivo della provincia.
E come tanti presidi accoglie la notizia della chiusura delle scuole con rammarico, ma con rassegnazione. “Avremmo dovuto fare di tutto per scongiurare che accadesse. Non ci siamo riusciti. E non è solo un problema delle scuole: la follia dei trasporti è sotto gli occhi di tutti. Sicuramente siamo dinanzi ad una scelta che segna un fallimento per la scuola pubblica. Sottoposta a uno stress psicofisico notevole”. “Io me l’aspettavo” commenta il preside Mario Sironi.
“Le scuole non reggono. Non riusciamo a governare una precarietà “oraria”: le cose cambiano da un’ora all’altra, con classi in quarantena, docenti positivi, famiglie in fibrillazione, ritardi nelle comunicazioni da parte delle Asl. Classi aperte, classi chiuse, Dad, Did, problemi normativi. Se si voleva davvero far funzionare le scuole bisognava semplificare, eventualmente anche riducendo gli orari. Possibile che, ad esempio, le superiori debbano ora programmare l’alternanza scuola-lavoro? Manca il senso della realtà. E mancano docenti e bidelli. Solo ieri c’è stata data la possibilità di chiamare i prof che mancano…”. Sironi, dinanzi alle molteplici difficoltà degli istituti, parla di “stillicidio quotidiano difficile da governare”. “I numeri dei contagi nelle scuole sono sotto lo zero virgola. Sono assolutamente insignificanti. Non è nelle scuole che si diffonde il contagio. Non è chiudendole che fermeremo l’emergenza sanitaria” afferma la dirigente di una scuola superiore del centro di Napoli. “Preferisco l’anonimato, perché voglio esprimermi con chiarezza: si tratta di una pagliacciata. Non serviva la risalita dei contagi per rendersi conto di cosa accade sui mezzi pubblici, e non può, la scuola, pagare lo scotto di altri disservizi. E poi siamo chiari: i ragazzi non andranno a scuola, ma non esiteranno a uscire. Chiudendo le scuole neghiamo loro l’unico spazio di socialità che offra sicure garanzie anti Covid”.
“Se la chiusura delle scuole significasse arginare la diffusione del virus, non ci sarebbe discussione – afferma Lucia Magretti, docente di Italiano al liceo – ma tutti sappiamo che non è così, che ancora una volta si mostra il pugno di ferro aggredendo una realtà già debole, una comunità, quella scolastica, già provata dal lockdown dei mesi scorsi. I ragazzi sono in grande difficoltà. La soluzione non è tenerli a casa”. Interviene la scrittrice e insegnante Viola Ardone: “La chiusura delle scuole in Campania è una dichiarazione di impotenza. Se ne è parlato per mesi, ma la prima cosa da sacrificare è ancora e sempre la scuola. In particolare poi lasciare i bambini di infanzia ed elementari a casa su chi graverà se non sui genitori (vedi: madri) e i nonni, categoria a rischio? Siamo stati mesi a mettere in piedi un’utopia: far ripartire la scuola in sicurezza. E la scuola è un luogo sicuro. Se il problema sono i trasporti, che si intervenga sui trasporti! I nostri figli hanno bisogno di scuola”.

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