Fonte: La Stampa
di Beniamino Pagliaro
«Nel futuro l’intelligenza artificiale sostituirà il lavoro umano», si legge nella prima dichiarazione finale di un vertice G7 scritta, in effetti, da un sistema di intelligenza artificiale. Il testo accompagna la dichiarazione ufficiale che ricercatori ed esperti di tecnologia dei Paesi riuniti a Torino consegneranno ai ministri. I 38 studiosi riuniti da Diego Piacentini, commissario straordinario al digitale per l’Italia e padrone di casa al vertice, avevano allo stesso tempo una grande occasione e un compito gravoso: spiegare ai governi come non subire le ondate di avanzamento tecnologico della nostra era.
Il risultato è un documento che individua quattro aree chiave su cui è necessaria una nuova attenzione (e competenza) da parte dei governi mondiali. Molto spesso il concetto di intelligenza artificiale può apparire lontano e astratto, così Piacentini e la sua squadra hanno messo al lavoro un software che è in grado, con una serie di regole disegnate in partenza, di imparare autonomamente. Il software ha letto oltre 60 mila volte l’intera versione inglese di Wikipedia e venti libri sull’innovazione ed è stato in grado di scrivere alcune frasi sul ruolo dell’intelligenza artificiale, sorprendentemente non troppo distanti dall’esito dei gruppi di lavoro umani.
Gli studi e la comprensione della realtà espressa dai saggi portati a Torino rappresentano però molto più di una dimostrazione a effetto. È l’incipit di un processo di conoscenza della tecnologia fondamentale per le nostre organizzazioni-stato, spesso lente a comprendere l’evoluzione della società. Dagli Stati Uniti all’Europa la risposta delle classi politiche sembra puntare sull’introduzione di nuove regole per limitare i giganti privati della tecnologia. È un percorso ancora complesso e «regolamentare in maniera fissa può essere inutile e dannoso», dice Piacentini a La Stampa. La prima azione proposta ai governi ha a che fare dunque con l’educazione, una cultura tecnologica e digitale di base per le classi politiche e i leader. Nell’epoca dell’automazione e dell’intelligenza artificiale – continua il documento – gli Stati dovranno educare alla creatività e stimolare la capacità di risolvere problemi complessi, ovvero investire nelle aree in cui robot e software non sembrano ancora in grado di competere con l’uomo. Il sistema educativo degli Stati andrà ripensato perché nella società di domani non si imparerà soltanto nella prima fase della nostra vita. «Non parliamo di insegnare solo alle nuove generazioni, ma a tutte le fasce d’età», spiega Piacentini.
«Il sistema nervoso del ventunesimo secolo – dice Piacentini – saranno le Api», i programmi che consentono l’interscambio dei dati in tempo reale. Più gli Stati sapranno usare questi dati, sia pur rispettando una nuova privacy dei cittadini, più potranno offrire migliori servizi e persino misurare in modo automatico e dunque incontestabile, trasparente, l’attuazione di una nuova legge.
Il passaggio che oggi appare il più politico del documento riguarda il futuro del lavoro. «Le nuove piattaforme tecnologiche esistono e vanno riconosciute, creano nuovi ambienti di lavoro. I governi devono riconoscere e incoraggiare queste piattaforme considerando le condizioni di lavoro per le persone», afferma Piacentini. Per comprendere l’evoluzione i governi dovranno monitorare e misurare quali lavori vengono creati, persi o rivoluzionati dalla tecnologia. Solo così le comunità, aziende e stati, potranno progettare attivamente l’epoca dell’intelligenza artificiale.