22 Novembre 2024

Fonte: La Repubblica


Se non sappiamo riconoscere il virus 9%: è la stima degli epidemiologi dell’Imperial College pubblicata su Science delle persone che sono state contagiate da una persona asintomatica, o comunque non riconosciuta come positiva. Lo studio conclude dicendo che contenere virus con queste caratteristiche è una sfida non da poco.
Presto i farmaci usati nella terapia contro Covid saranno inquadrati in una strategia unica di sperimentazione, gestita dall’Aifa. L’Agenzia Italiana del Farmaco fornirà direttive comuni a tutti i centri in cui si usano medicinali contro il coronavirus, in modo da raggiungere in tempi più rapidi a risposte chiare sulla loro efficacia.
Nasce in Olanda il primo farmaco che potrebbe contrastare il coronavirus. Sarebbe pronto ma ci vorranno mesi per sperimentarlo sugli esseri umani. È un anticorpo monoclonale, specializzato nel riconoscere la proteina che il virus utilizza per aggredire le cellule respiratorie dell’uomo. La ricerca è stata pubblicata sul sito BioRxiv dal gruppo dell’Università olandese di Utrecht, guidato da Chunyan Wang. Ma, come sempre ogni volta che si individua una possibile terapia, i tempi per testarla sugli esseri umani richiede mesi se non anni.
I ricercatori si sono detti fiduciosi, spiegando che saranno necessari mesi prima che il farmaco sia disponibile, in tutta sicurezza ed efficacia.Ora però si sta testando in Italia un altro medicinale che potrebbe essere utile per Covid-19. In queste ore remdesivir, pensato e testato per combattere il virus Ebola, si sta dimostrando efficace per un uso “compassionevole”: viene usato per il trattamento in emergenza di singoli pazienti in gravi condizioni e senza valide alternative terapeutiche.
Verrà testato nell’ambito di una sperimentazione clinica, la prima per le terapie anti Sars-Cov-2, da cui si potranno ricavare dati utili a capire in che modo agisce. Lo hanno annunciato Aifa e Gilead Sciences, l’azienda che lo produce, indicando anche i primi centri che in Italia saranno coinvolti: l’Ospedale Sacco di Milano, il Policlinico di Pavia, l’Azienda Ospedaliera di Padova, l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma e l’Istituto Nazionale di Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma.
Mentre si cerca una cura e si continua a ricercare un vaccino, gli esperti sul campo si chiedono quando fare il tampone per individuare il virus. Le Linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) indicano la necessità di fare il tampone solo a chi presenta sintomi e provenga da aree dove il virus si è diffuso. Ma la Società italiana di malattie infettive e tropicali è convinta che siano “necessari subito tamponi a tappeto per tutti i pazienti sintomatici con una affezione delle vie respiratorie”, anche senza collegamenti con le zone più a rischio o con contagiati.
Un parere condiviso da Fimmg Lombardia, ma non condiviso da Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute e membro del consiglio esecutivo dell’Oms: “Vanno seguite le linee guida dettate dall’Oms e dal Centro europeo per il controllo delle malattie Ecdc. Le evidenze scientifiche indicano l’utilità di effettuare i tamponi a soggetti sintomatici che hanno avuto contatti a rischio o che provengono da aree a rischio. Credo non si debba derogare da queste indicazioni altrimenti si possono determinare ‘effetti collaterali'”. Ad esempio, chiarisce Ricciardi, “il fatto di aver effettuato all’inizio troppi tamponi ha generato una focalizzazione dell’attenzione mondiale sull’Italia, che ha finito per essere indicata come Paese di ‘untori'”.

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