19 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Angelo Panebianco

Il governo dovrebbe mettere a punto un piano dettagliato su come intende impiegare il Recovery Fund. E resta da chiarire perché c’è tanta ostilità nei confronti del Mes


Ha scritto Lucrezia Reichlin (Corriere, 25 ottobre) che abbiamo necessità di «(…) chiari programmi per il Recovery Fund e un piano per la sanità da finanziare subito con il Mes». Ha ragione ma per quanto riguarda la possibilità di usare il Mes possiamo solo auspicare che la gravità della situazione costringa certi politici a diventare improvvisamente saggi. Resta che, in genere, quando la ragionevolezza entra in rotta di collisione con le esigenze della politica, la ragionevolezza esce sconfitta. Per quanto assurde possano apparirci quelle esigenze. Però non costa nulla sperare ancora in un miracolo.
Restano (sempre che restino) le risorse dei Recovery Fund e si spera di sopravvivere economicamente fino a quando — tra parecchio tempo — se ne potrà disporre. Si auspica che quei fondi vengano impiegati intelligentemente per superare distorsioni antiche e per rimettere in moto il Paese. Se intelligenza nell’uso di quei fondi ci fosse, magari il nostro Paese potrebbe conoscere un secondo miracolo economico. Si chiama «effetto fenice»: adeguatamente stimolati, i Paesi che hanno conosciuto più impoverimento di altri talvolta ricominciano a crescere in modo impetuoso e con velocità inaspettata. L’auspicio insomma è che quelle risorse non vengano male impiegate.
Ma oltre a formulare auspici, è forse possibile fare una domanda che riconosco provocatoria. Una domanda da rivolgere agli economisti. Danneggia di più l’economia di un Paese, e compromette di più il suo futuro, il fatto che un governo usi malamente (poniamo, per scopi prevalentemente assistenzial-clientelari) le ingenti risorse di cui si trova a disporre oppure il fatto che non disponga di alcuna risorsa?
Ci sono, in teoria, tre possibilità: la prima è che arrivino ingenti risorse e che il governo ne faccia un uso intelligente, finalizzato allo sviluppo. La seconda è che quelle ingenti risorse arrivino ma che il governo ne faccia un uso pessimo; la terza è che non arrivino affatto le risorse attese. Tolta la prima — quella che, ovviamente, preferiamo — quale è, fra le ultime due possibilità, la peggiore?
Ci sono precedenti storici non proprio rassicuranti. Non è affatto detto che l’arrivo di una grande massa di denaro debba necessariamente favorire lo sviluppo. Anzi, se un governo dispone improvvisamente di ingenti risorse e non le destina a scopi produttivi può di fatto introdurre tali e tante distorsioni nel sistema economico e nel mercato del lavoro da impedire lo sviluppo: anche quel poco di crescita economica che ci sarebbe comunque stata se il governo non avesse impiegato (malamente) quelle risorse. Sappiamo che l’enorme quantità di oro e argento che la Spagna ricavò dal Nuovo Mondo nel Cinquecento e nel Seicento non ne favorì affatto lo sviluppo: al contrario, scoraggiando gli investimenti produttivi, finì per impoverirla.
Consideriamo per un momento, con realismo, e senza ipocrisia, gli atteggiamenti propri di ampi settori della classe politica nonché di diversi appartenenti (Molti? Pochi? Comunque più di quanti dovrebbero essere) alle varie branche dello Stato: pubblica amministrazione, magistrature di ogni tipo, eccetera. È davvero sicuro che nei gangli vitali della nostra vita pubblica ci siano, in maggioranza, persone interessante a favorire la ripresa economica del Paese? È davvero sicuro che la «filosofia» economica ivi dominante si accordi con l’idea di un uso intelligentemente pro-crescita delle risorse del Recovery Fund?
Per quanto riguarda i politici parla da solo il rifiuto del Mes. Forse vale la pena di chiedersi: perché tanta ostilità per il Mes e non per il Recovery Fund? Come diceva Giulio Andreotti, a pensar male si fa peccato ma, spesso, ci si azzecca. Il Mes è vincolato ad un uso esclusivo in ambito sanitario. Certo, è sempre possibile fare un po’ di assunzioni clientelari di personale ospedaliero ma, per l’essenziale, il Mes non si presta a usi troppo disinvolti. Invece, molti hanno l’aria di pensare che il Recovery Fund sia più facilmente utilizzabile in quella chiave. Si aggiungano i pregiudizi diffusi, entro la classe politica, di governo e parlamentare, contro il mercato, nonché l’opera da essa intrapresa, e che è già a uno stadio piuttosto avanzato, di ri-statalizzazione di ampi settori della economia.
Questo per quanto riguarda i politici. E gli apparati dello Stato? Ci sono fin troppi segni e testimonianze dell’ostilità al mercato da parte di persone collocate in punti vitali dello Stato italiano. Ci sono troppi segni che stanno lì a indicare, ad esempio, che per diversi funzionari, magistrati, eccetera, le imprese private non siano, prima di tutto, una fonte di ricchezza, di prosperità, per il Paese. Essi sembrano pensare che le imprese siano più che altro, «covi» ove si consumano reati di ogni sorta.
La domanda da fare agli economisti è: in queste condizioni, stanti questi diffusi pregiudizi anti-mercato e la connessa ostilità per le imprese, quante probabilità ci sono che le risorse che dovrebbero servire a rimettere in piedi il Paese vengano davvero impiegate per questo scopo?
Naturalmente, le cose fin qui dette possono anche essere interpretate come le considerazioni di un osservatore prevenuto e malevolo. Ma c’è un modo per chiudere la bocca ai malevoli. Il governo presenti subito all’opinione pubblica — prima ancora di inviarlo alle autorità europee — un piano dettagliato e completo (non quattro fumose paginette in croce) su come intende impiegare le risorse del Recovery Fund. Lo hanno fatto i francesi. Perché non noi? O è da sprovveduti chiederlo? C’è chi pensa — non si tratta necessariamente di qualche ingenuo da compatire — che sia tenuto a comportarsi in questo modo il governo di una democrazia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *