Nelle nostre università ogni anno conseguono il titolo 80 mila giovani, ma solo 30 mila entrano nell’industria culturale. Eppure nei beni culturali servirebbero molte figure professionali attualmente carenti
L’Italia è tra i Paesi europei con il maggior numero di studenti che frequentano corsi di istruzione superiore riconducibili all’area culturale (400.000 circa). I lavoratori di questo settore, invece, sono pari a circa 790.000 (Eurostat 2020). Mentre il numero degli occupati in Italia è in linea con i parametri europei, quello dei ragazzi che da noi studia humanities è più alto (il 20% a fronte del 15% europeo). Inoltre, dalle nostre università ogni anno conseguono il titolo 80 mila giovani, ma solo 30 mila entrano nell’industria culturale.
Dati preoccupanti. Che esigono una chiara e immediata risposta politica. Per invertire questo trend, il ministero della Cultura e quello dell’Università sono invitati a portarsi fuori dai paradigmi novecenteschi, nel segno di esigenze e di progetti comuni. Da un lato, il Mur è chiamato a elaborare un’offerta didattica più aperta, sensibile alle soft skills: sostituire un approccio verticale alle discipline con uno più orizzontale; porre in connessione aree non contigue; offrire strumenti per ragionare su problemi e non per singole materie; infine, educare a esercitare l’immaginazione; insegnare a destreggiarsi tra saperi; imparare a condividere idee, pensieri, soluzioni. Dall’altro lato, il Mic deve uscire da una visione ancorata alle professioni «istituzionali», per prevedere spazi riservati anche ad altre competenze (curatori, registrar, comunicatori, web e digital manager).
Un obiettivo decisivo. Ridurre finalmente il divario tra sistema universitario e mondo del lavoro. Investendo risorse ed energie sulla formazione di giovani che siano in grado di disegnare i contorni di un linguaggio comune tra i diversi soggetti attivi nei beni culturali. E sappiano valorizzare quello straordinario motore per la crescita, la ripresa e la rinascita che è il patrimonio culturale, servendosi delle conoscenze tradizionali e anche di quelle digitali. Pronti ad affrontare le sfide del Pnrr. Con competenza e visionarietà. Una missione cruciale per il nuovo governo.