24 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

di Ugo Magri

Il Presidente: “Ho atteso per tre giorni, ma non ci sono novità”. L’ipotesi di discorso alla nazione in caso fallisca l’espoloratore

Come lungo i binari, Sergio Mattarella sta procedendo lento (secondo alcuni troppo) però inesorabile. Non gli è bastato che l’esplorazione di Elisabetta Casellati si fosse conclusa venerdì con un buco nell’acqua: il Presidente, per maggiore scrupolo, ha atteso altri tre giorni prima di prendere atto definitivamente che tra Lega e Cinque stelle non c’è nulla di concreto, soltanto una voglia reciproca, al massimo un’attrazione o, per usare un’altra immagine, un «annusamento» tra vincitori destinato tuttavia a rimanere tale. A questo punto, sfidando serenamente l’ira di Salvini, e mettendo nel conto le reazioni a caldo dei pasdaran renziani che non hanno ben capito la mossa, alle ore 17 di ieri Mattarella ha voltato pagina. D’ora in avanti si lavorerà solo per un governo M5S-Pd perché insistere con la formula precedente sarebbe stata, quella sì, una perdita di tempo, anzi una presa in giro.

Logica euclidea
Per essere più inattaccabile, il Presidente non si è limitato a mettere una bella lapide sul sogno di governo grillo-leghista. Ha scelto il nuovo esploratore secondo una logica geometrica, euclidea, identica a quello che una settimana fa l’aveva portato a lanciare in pista la presidente del Senato, e con un «perimetro» perfettamente speculare. Casellati aveva battuto la savana sulla destra, Roberto Fico si inoltrerà nella giungla a sinistra: tutto assai lineare e molto prevedibile, sostengono i frequentatori del Quirinale, per cui gli attacchi leghisti (parecchio sguaiati) e le critiche (nel loro caso invece piuttosto rispettose) delle due capogruppo berlusconiane Anna Maria Bernini e Mariastella Gelmini non hanno fatto al Capo dello Stato «né caldo né freddo».
Semmai, ieri sera, l’attenzione del Colle era tutta orientata altrove. I consiglieri presidenziali avevano i radar puntati chi sul Pd e chi sui Cinque stelle, per capire in che modo la scelta di Fico era stata accolta nei due partiti, con quali prospettive di riuscita e se le voci giunte insistenti sul Colle trovavano conferma. Di quali voci si trattava? Delle stesse anticipate ieri mattina sulla Stampa che ha raccontato come, durante il weekend, ci fossero stati contatti preliminari tra Di Maio e il mondo renziano: niente di chissà che, giusto un sondaggio riservatissimo grillino per capire se il Pd avrebbe sbattuto la porta davanti a un’offerta di dialogo o magari l’avrebbe socchiusa in cambio di qualche solenne impegno. Per esempio, della promessa di non trafficare mai più con la Lega, per nessuna ragione e nemmeno nel caso in cui Salvini, pentito, volesse tornare sui suoi passi.

La carta finale
Prima di cena, puntualissimo, Di Maio ha postato su Facebook quello che i vertici Pd si attendevano: un bye bye Salvini, anzi «buona fortuna» (che suona più elegante). Dopodiché, quasi in tempo reale, il reggente dem Maurizio Martina ha aperto uno spiraglio ai Cinque stelle. Presto per dire che i due partiti inizieranno a ragionare di programma, ma le premesse ci sono. E se Fico, pure lui, tornasse da Mattarella a mani vuote? Per il momento, al Quirinale, non si prendono in esame «piani B». Se ne parlerà eventualmente giovedì. Però viene dato per certo che, una volta esauriti tutti i tentativi di mettere d’accordo i protagonisti, il Presidente dovrà necessariamente calare l’asso.
Sotto forma di governo da lui nominato e spedito davanti alle Camere per raccogliere la fiducia di chi ci sta. Quello che Mattarella ha detto a Fico, ed è filtrato all’esterno, non lascia dubbi: «A distanza di quasi due mesi dal 4 marzo, va sottolineato il dovere di dare al più presto un governo all’Italia». È l’ultima chiamata ai vari leader, quasi un estremo appello alla responsabilità perché poi scatterà, appunto, il «dovere» di intervenire comunque. E si può star certi che, nel caso in cui dovesse esporsi di persona per mettere in piedi il «suo» governo, anche transitorio, Mattarella ne spiegherebbe le ragioni con grande schiettezza. Ipotizzare un discorso alla nazione per adesso è prematuro, suonerebbe perfino minaccioso (non è lo stile dell’uomo). Ma la pazienza presidenziale è agli sgoccioli: dei giochi tattici l’Italia non ne può più, se non decolla il dialogo M5S-Pd una decisione verrà presa.

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