Il caso dei dossieraggi. La corruzione non fa rumore; la reazione dei cittadini è perciò più difficile. Anche questa difficoltà rende il Terzo Stato un pericolo grave per la nostra democrazia
Più del 63% degli italiani ritiene , secondo una indagine di Alessandra Ghisleri, che il dossieraggio mette a rischio la nostra democrazia. La stessa valutazione hanno esposto i magistrati che si occupano dei casi di Roma e di Milano. Come si è configurato questo rischio per la democrazia? A Roma un ufficiale di polizia giudiziaria, Pasquale Striano, tutt’ora a piede libero, ha raccolto illegalmente 224 mila atti. Non risultano fini di lucro; per quali interessi Striano ha raccolto e consegnato quegli oltre 200 mila atti? È difficile che li abbia richiesti una sola persona: evidentemente pervenivano a Striano richieste da parti diverse. Se si rivolgevano tutte alla stessa persona non erano parti indipendenti l’una dall’altra; erano integrate in qualche circuito di potere che li acquisiva per condizionare decisioni relative alla vita del Paese.
A Milano Equalizer ha raccolto circa 800 mila atti. La società, dotata di attrezzature altamente sofisticate, operava, sempre illegalmente, a volte di propria iniziativa, a vote su richiesta di clienti. Agiva per lucro e per acquisire relazioni di potere; riusciva ad accedere alle principali banche dati del Paese usando chiavi d’accesso difficilmente reperibili. Gli operatori con maggiori responsabilità, appartenenti o ex appartenenti alle forze dell’ordine, come a Roma lo è Striano; questa appartenenza li ha avvantaggiati nell’attività di infiltrazione. Effettuavano ricatti, ricostruivano, con alcune sapienti menzogne, la vita di personalità delle quali intendevano abbattere la reputazione, pubblicizzavano informazioni riservate relative a personalità pubbliche, tutto all’interno di una rete di scambi e di minacce. A Milano tecnologicamente sofisticate; a Roma facilitate dal ruolo che rivestiva Striano negli uffici giudiziari e di polizia.
I responsabili, per le professionalità e le relazioni acquisite nell’esercizio delle loro funzioni pubbliche, hanno costituito con le loro relazioni, tanto a Milano quanto a Roma, corpi chiusi che hanno preso la forma di una sorta di Terzo Stato, fuori dei confini della Repubblica. Hanno condizionato la vita della democrazia acquisendo e diffondendo informazioni segrete e mantenendo relazioni con fasce sociali e istituzionali insospettabili, che di quei crimini si sono giovate. All’interno della Repubblica, il Primo Stato è quello della politica: partiti, Parlamento, Governo, Regioni, Comuni. Il Secondo Stato è quello della giurisdizione e dell’amministrazione. Il primo e il secondo Stato, nelle moderne democrazie, hanno il compito di dare ordine alla comunità nazionale per far prevalere l’interesse generale sugli interessi particolari. Non sempre lo scopo è raggiunto, spesso per un indebolimento del senso della Cosa Pubblica, che dovrebbe frenare i corporativismi politici e istituzionali. Ma anche quando lo scopo sembra lontano, l’impegno quotidiano di milioni di persone nelle fabbriche, nelle scuole, nelle istituzioni in tutti i posti di lavoro, conferma l’interesse dei cittadini alla costruzione di un ordine civile, per il benessere generale del Paese.
Contro quest’ordine civile si è mosso il Terzo Stato, operando fuori dei confini della Repubblica per privilegiare nell’economia, nella politica, nella società, interessi particolari, spesso patentemente criminali. C’è una differenza tra queste vicende e quelle terroristiche e mafiose che abbiamo vissuto nel passato. Allora la tragicità degli eventi sollecitava una reazione dei cittadini e delle istituzioni. Nei casi odierni non c’è nulla di visibilmente tragico; il condizionamento e il ricatto avvengono con tecnologie tanto invasive , quanto silenziose, come silenziose sono le connessioni interne, le relazioni esterne, le protezioni e la capacità di corrompere. La corruzione non fa rumore; la reazione dei cittadini è perciò più difficile. Anche questa difficoltà rende il Terzo Stato un pericolo grave per la nostra democrazia.