Le mancate candidature sono il segno delle difficoltà dei due blocchi
La riunione ha dato la sensazione di un incontro tra convalescenti. Un centrodestra bisognoso di riprendersi dopo una sorta di quarantena interna politica, dalla quale i singoli partiti stanno riemergendo cambiati; e meno ancorati alle certezze di appena qualche mese fa. Per questo dal vertice di ieri tra i leader, il primo dopo molto tempo, non è uscita una soluzione per le candidature nelle grandi città, ma solo «ragionamenti»: eufemismo per fare capire che Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia non sono ancora in grado di dire chi sfiderà Movimento Cinque Stelle e sinistra a ottobre. È un blocco non dissimile da quello che divide grillini e Pd. Così come tra il Movimento e il partito di Enrico Letta c’è di mezzo lo scarto tra i rapporti di forza del 2018 e gli attuali, allo stesso modo il centrodestra deve misurarsi con equilibri interni mutati.
La Lega trionfatrice alle Europee del 2019, quando Matteo Salvini era al governo con Luigi Di Maio e con Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, è un ricordo. E vede il suo primato insidiato dal travaso di voti a favore di Giorgia Meloni. Per questo le candidature a sindaco matureranno probabilmente solo tra qualche settimana. E non tanto perché anche gli altri due schieramenti, M5S e Pd, faticano a compattarsi e a trovare propri esponenti disposti a rischiare. Il sospetto è che a questo si aggiunga una sfilza di potenziali conflitti, in particolare tra Lega e Fratelli d’Italia, componibili a condizione di un riconoscimento reciproco della situazione in cui si trovano: a cominciare dal fatto che Salvini e Silvio Berlusconi sono al governo, Meloni all’opposizione. In questo caso, gli equilibri nazionali e perfino l’appartenenza europea condizionano le alleanze nelle grandi città. Basti pensare al contrasto sulla presidenza del Copasir, il Comitato parlamentare che controlla i servizi segreti, con Fratelli d’Italia che ne rivendica la presidenza come forza di opposizione; e la Lega, che lo presiedeva, prima contraria e poi favorevole alle dimissioni di tutti. Ma questi sono sintomi di un malessere più di fondo.
Tra Salvini e Meloni è in atto uno scontro per il primato a destra, con il Carroccio spinto quasi per inerzia a essere forza di governo. Oggi l’equilibrio nel loro schieramento è virtuale: è figlio di sondaggi, non di percentuali certificate dalle urne. Dunque, la quasi parità tra Lega e Fratelli d’Italia va riconosciuta e tradotta in candidature. E questo finora manca, rendendo tutto meno scontato. La sicurezza con la quale alla fine si prevedono candidature uniche del centrodestra,però, non sorprende: è successo lo stesso in passato. Ma l’incertezza trasversale sui sindaci trasmette l’immagine di un indebolimento complessivo del sistema.