Fonte: La Stampa
di Marco Zatterin
Dalla Commissione si parla di una nuova missione turca. «L’accordo non va rotto: abbiamo bisogno di loro e viceversa»
Alla terza telefonata diventa chiaro che, quando si parla di Turchia, ottimismo e pessimismo sono ormai scelte puramente politiche. Una fonte diplomatica francofona avverte che a Berlino il parlamento «ha provocato i turchi e ha creato i presupposti per una crisi dalle conseguenze pesanti sui rapporti con l’Europa e sull’intesa per fermare i migranti, perché è stata la Merkel a volerla e la Merkel è tedesca».
Alla Commissione Ue, dove la speranza è alimentata dalla volontà, si fa invece notare che «si tratta di un fatto bilaterale, che è una decisione dei deputati e la cancelleria non c’entra». Chi vuole la pace spera nella pace. Chi poco digerisce Erdogan e i suoi, ha altre idee per la testa.
Il presidente turco minaccia conseguenze molto serie. Non è una notizia, la dialettica del sultano difficilmente sceglie i mezzi termini. Il pronunciamento del Bundestag sul massacro armeno di cent’anni fa capita in un momento in cui le relazioni fra i ventotto e la mezzaluna sono complesse, delicate e necessarie. In marzo l’Unione ha siglato con la Turchia un accordo che, fra le critiche e le denunce di violazioni, ha di fatto posto fine al transito di siriani in cerca di asilo sulla rotta greca e balcanica. Mercoledì, secondo l’Unhcr, sono passati in sette. Lo scorso anno in questa stagione sarebbero stati decine o centinaia.
IL NODO DEI VISTI
Il risultato è statisticamente positivo, ma sotto il tappeto tessuto dei numeri in calo, c’è la polvere di troppi dissidi. In cambio dello stop ai flussi di disperati, l’Europa ha promesso ad Ankara la liberalizzazione dei visti e tre miliardi, per cominciare. Nonostante gli sforzi, sembra difficile che già in giugno si possa avere l’intesa sulla libera circolazione di 80 milioni di turchi. Manca una serie di capitoli, a partire dalla modifica della discussa legge antiterrorismo che finisce per essere applicata anche ai giornalisti d’opposizione. Per Erdogan, è una ferita politica non da poco sul fronte interno.
I TENTATIVI DI RICUCIRE
Fonti della Commissione Ue invitano a aspettare che passi la nottata. «Sappiamo per esperienza quanto è difficile fare i conti con il passato – ha detto il socialdemocratico tedesco Rolf Muetzenich – ma solo facendo così la fiducia fra gli essere umani può essere consolidata». «Ci vorrà subito una missione di Frans Timmermans», sottolineano al TeamJuncker. Il vicepresidente della Commissione era ad Ankara una settimana fa e, di lì, aveva dato conto dei progressi «concreti ma lenti» del negoziato. «L’Europa ha bisogno della Turchia e viceversa», si continua sottolineare, ma la corda può strapparsi da un momento all’altro. La fine dell’intesa turca farebbe ripartire il flusso dei migranti che nel 2015 sono stati 1,3 milioni. Non si può però difenderla a tutti costi. «La scommessa vera – dicono a Bruxelles – è superare le dispute centenarie in nome di una maggiore stabilità oggi». Difficile. Anzi, quasi possibile.