EDITORIALE
di Angelo Panebianco Fonte: Corriere della SeraIl sospetto è che diverse persone abbiano cominciato da qualche tempo ad accarezzare l’idea che sia possibile ricostituire in Italia il «bipartitismo imperfetto». La formula fu coniata nel secolo scorso dal politologo Giorgio Galli.
Descriveva la democrazia senza alternanza, con un partito dominante inamovibile e una fortissima opposizione anti-sistema, che fu propria del Paese per tutto il periodo della Guerra fredda.
Consideriamo due ipotesi, una plausibile e una molto meno. L’ipotesi plausibile è che alle elezioni europee di maggio il Pd risulti il primo partito e i 5 Stelle si collochino al secondo posto superando di parecchio Forza Italia. Si noti che, al momento, è solo un’ipotesi plausibile. I sondaggi vanno presi con le molle e, inoltre, è nota la capacità di Berlusconi di fare grandi rimonte partendo da una posizione di svantaggio. Per giunta, non è detto, contrariamente a ciò che molti pensano, che le nuove inchieste sulla corruzione debbano per forza tradursi, al momento del voto, in ulteriori consensi per Beppe Grillo. Comunque, soprattutto in presenza di un elevato astensionismo – che è la norma nelle elezioni europee -, è possibile, e forse anche probabile, che il risultato indicato dai sondaggi (Pd primo, 5 Stelle secondo) si realizzi.
La seconda ipotesi è che alle elezioni politiche successive (tra un anno o quando saranno) ci sia la replica: ancora una volta il Pd primo e i 5 Stelle secondi. A grande distanza da tutti i rimanenti partiti. Questa, a differenza della prima, non è affatto un’ipotesi probabile. Perché le elezioni politiche nazionali sono assai diverse da quelle europee: nelle Politiche, il grosso degli elettori ha idee chiare su quale sia la posta in gioco e, in più, la maggior parte di loro vota con un occhio al portafogli. Sono due condizioni che non si danno nelle elezioni europee. Il che ne spiega gli altissimi tassi di astensione e il fatto che molti elettori votino «in libertà», in modo difforme da come fanno nelle elezioni politiche. Un’eventuale replica alle Politiche dei risultati delle Europee è, per lo meno, improbabile.
Ma, ancorché improbabile, si tratta di uno scenario che va preso in considerazione. Se non altro, per esorcizzarlo. Potrebbe realizzarsi solo se il centrodestra, incapace di risolvere il problema della successione a Berlusconi, si spappolasse definitivamente. Un esito che potrebbe essere favorito anche da una nuova sentenza della Corte costituzionale sulla legge elettorale. Se fossimo costretti a votare con un sistema proporzionale puro, il centrodestra non riuscirebbe a ricompattarsi, non potrebbe formare una coalizione elettorale.
Con una destra polverizzata, resterebbero in campo solo il Pd e i 5 Stelle. Il Pd si troverebbe nella condizione (paradossale, data la sua origine storica) di diventare la «diga» (contro Grillo) sulla quale finirebbe per convergere, sommando i propri voti a quelli della sinistra tradizionale, anche il grosso dell’elettorato di centrodestra.
Si ricostituirebbe, in forme inedite, il bipartitismo imperfetto. Il Pd governerebbe senza alternative e senza troppa paura di perdere le elezioni successive. Ottimo per il Pd, pessimo per il Paese. Così come, ai suoi tempi, per quasi un cinquantennio, fu ottimo per la Dc, perché ne garantì inamovibilità e predominio, ma pessimo per il Paese, il fatto che la più forte opposizione fosse un partito antisistema (percepito come tale dal grosso degli elettori).
Chi spera che la leadership di Matteo Renzi serva a fare del Pd il nuovo partito dominante, forse non guarda con preoccupazione all’annunciato successo dei 5 Stelle. Ma non calcola che, nelle condizioni turbolente del XXI Secolo, un nuovo bipartitismo imperfetto porterebbe presto al disastro la democrazia. Quali che saranno i risultati delle elezioni europee, lo scenario del bipartitismo imperfetto resta poco probabile. Ma per essere certi di scongiurarlo abbiamo bisogno di riforme serie, della Costituzione come del metodo di voto. I pasticci, invece, hanno il potere di rendere possibile ciò che pareva improbabile.