Il presidente del Senato: «I ballottaggi vanno ripensati. La leader del Pd stavolta ha esagerato»
Ignazio La Russa è più offeso che arrabbiato. Così offeso da aspettare le scuse di Elly Schlein, che gli ha rimproverato di essere «scappato con il pallone in mano».
Presidente, vuole cambiare la legge elettorale a doppio turno perché il centrodestra ha perso le amministrative?
«Sicura che le ha perse? La valutazione non tocca al presidente del Senato. Io mi sono posto su una posizione di terzietà riguardo ai risultati, che sono controversi perché a macchia di leopardo. Non sarebbe stato corretto da parte mia accogliere le tesi della destra o della sinistra, che tra l’altro gridano alla vittoria entrambe. Il mio invito alla riflessione sull’astensionismo era rivolto a tutti».
Per la segretaria del Pd lei «non ha il senso delle istituzioni».
«Mi ha stupito Elly Schlein, ha detto addirittura che io voglio abolire le elezioni — ride amaro La Russa —. Per un’affermazione del genere la segretaria dovrebbe scusarsi. Prima di fare una critica pur lecita al presidente del Senato bisognerebbe almeno guardarsi il testo. O le hanno riferito male la mia dichiarazione, o non ha letto bene, o mente sapendo di mentire».
Perché chiede le scuse di Schlein?
«Perché come ho detto al capogruppo del Pd Boccia, che stimo, stavolta Schlein ha proprio esagerato. E lui sa che per lei ho sempre avuto parole di grande rispetto. Ma la boutade che io vorrei evitare libere elezioni cade nel ridicolo. Per me il giorno del voto è quello più bello, la vera festa della democrazia».
Sbaglia chi teme che la destra di Giorgia Meloni possa scivolare verso una democrazia illiberale alla Orbán?
«Scenderei in piazza, sicuramente con Giorgia, contro una democrazia che non tenesse conto del voto dei cittadini. E non so se lo farebbero tutti coloro che ci criticano».
Torniamo al ballottaggio.
«La mia nota di lunedì è stata scritta quando i dati della partecipazione non c’erano ancora e i risultati erano ignoti. Era un appello a una riflessione seria. Io mi riferivo all’astensione e la mia considerazione è che il ballottaggio non risolve il problema, anzi lo aggrava. È sotto gli occhi di tutti il dato dell’affluenza, 62% al primo turno e 47% al secondo. C’è poi chi viene eletto solo con il voto del 20% degli aventi diritto e chi addirittura diventa sindaco con meno voti di quanti ne ha avuti al primo turno l’avversario che perde. Una stortura incredibile».
Non sarà che il ballottaggio è per lei «inaccettabile» anche perché penalizza la destra?
«È tutto da vedere. Non sempre è così, ci sono diversi casi in cui il centrodestra va al ballottaggio e poi vince. Da tanti anni seguo le elezioni siciliane e ho visto che il 40% produce effetti positivi, a favore della sinistra e a prescindere da chi vince».
Per il M5S la legge siciliana è «una truffa», perché per fare il sindaco basta ottenere il 40% dei voti.
«Non ho detto che sia l’unica soluzione possibile. Nella mia nota invito a ripensare la legge per le amministrative seguendo l’esempio del doppio turno siciliano oppure inserendo altri idonei correttivi per incrementare la partecipazione e ridurre l’astensione».
Nel premierato non avete inserito la soglia per il premio di maggioranza. La convince l’idea che se la coalizione del premier non raggiunge il 40% si va al secondo turno?
«Posso avere le mie idee, non tocca a me dirlo, ma concordo con le dichiarazioni del ministro Casellati e di altri esponenti della maggioranza. Il limite invalicabile è la Corte costituzionale, non si può avere un premio se non si raggiunge almeno il 40%. Al di sotto non si può andare. E qui vorrei lanciare un appello».
Prego.
«Una volta passata la polemica sul premierato, mi auguro che sulla legge elettorale ci sia maggiore condivisione. A chi da sinistra chiede le preferenze ricordo sommessamente che l’unico emendamento per inserirle nella legge attuale era di FdI a firma del sottoscritto, non certo del Pd, dei 5 Stelle, o della Lega. È una battaglia che tentai di fare da solo, con molta forza».
La premier Meloni accusa le opposizioni di usare toni eversivi. Ha ragione, o rilancia dopo la sconfitta?
«Beh, la dichiarazione di Schlein nei miei confronti non è bella, sembra quasi eversiva. Ha accusato il presidente del Senato, inventando di sana pianta, di voler abolire le elezioni».
Brucia più la sconfitta di Firenze, o quella di Bari?
«Per il centrodestra ho letto che alcuni risultati erano scontati e anzi esulta per aver vinto a Lecce e in altre città. A uno di destra non può certo piacere il risultato di Bari e Firenze, ma è anche vero che nessuno credeva che il ribaltone in quelle due città fosse possibile, tanto che non c’è stato un particolare impegno nazionale».
Dentro FdI aprirete una riflessione in vista delle Regionali in Toscana, Puglia e Umbria? La leghista Donatella Tesei è a rischio?
«Non sono in grado di fare una valutazione, ma le Regionali sono un’altra partita, diversa dalle amministrative, dove gioca molto di più il nome del candidato sindaco. Molte volte a livello comunale la sinistra sa fare meglio, ma se sceglie il nome giusto vince la destra».
Per le opposizioni l’Autonomia spacca l’Italia, per la premier è una legge «da patrioti». E per lei? Non sarebbe giusto farle in modo condiviso, riforme di questa portata?
«Tutto, potendo, andrebbe fatto in modo più condiviso, ma io sono orgoglioso di come si è svolto il dibattito al Senato. Al di là dell’ostruzionismo e di qualche battibecco, non si è visto nulla di incivile».
Alla Camera, invece, botte da orbi.
«Una cosa molto brutta, anche se dal ‘92 ho visto risse più grandi. Ai tempi di Dini mi buttai nella mischia alla Camera per dividere i contendenti. Non so se l’autonomia è da patrioti, so che fa parte del programma del centrodestra. Il Titolo V faceva parte del progetto della sinistra, che lo approvò con solo tre voti di scarto. Fu inopportuno, ma nessuno potè dire che non era legittimo».
È legittimo chiedere a Mattarella di non firmare l’autonomia, come ha fatto il M5S?
«La considero quasi una diminutio per il capo dello Stato. È stucchevole, glielo chiedono una volta sì e una no e il presidente non ha bisogno che qualcuno gli spieghi come interpretare il suo ruolo».
Come risponde a chi giudica «contro la Costituzione» premierato, autonomia e giustizia, le tre riforme-bandiera di FdI, Lega e FI?
«Se fossero riforme eversive il presidente della Repubblica non le firmerebbe. Uno dei compiti che nessuno si sogna di togliere al Quirinale è il prioritario, anche se non definitivo, giudizio di costituzionalità. La nostra Costituzione prevede che nessuna legge possa passare di soppiatto».
Sarà Raffaele Fitto il commissario europeo dell’Italia?
«È un grande ministro, sarebbe la persona più adatta. Il problema è la coperta. Se copri la testa privilegiando la Ue, finisce che scopri i piedi».
Temete di non trovare un nuovo ministro in grado di seguire il Pnrr?
«Nella nostra classe dirigente una copertina si può trovare».