22 Novembre 2024
Sergio Mattarella

Sergio Mattarella

Il discorso per la Festa della Repubblica. Al centro le donne, a settantacinque anni dalla conquista del diritto di voto, protagoniste della vita pubblica, da Iotti a Segre, da Merlin a Cristoforetti. Il ricordo di Luana D’Orazio, simbolo delle morti sul lavoro. Tra i ringraziamenti quello alla Guardia costiera, che salva le vite dei migranti in mare. E cita De Gregori: “La Storia siamo noi”

La storia siamo noi, nessuno si senta escluso”. Sergio Mattarella cita Francesco De Gregori in occasione della festa del 2 giugno, con un discorso alla nazione che rappresenta la summa del suo settennato. E’ un caldo appello a ripartire. Un invito a coltivare l’ottimismo. Come 75 anni fa, quando nacque la Repubblica, anche stavolta il Paese è alle prese con delle macerie, quelle provocate dalla pandemia, ma ieri come oggi “l’Italia, la nostra patria, ha le carte in regole per farcela”. E colpiscono le tante donne citate come esempio di virtù repubblicana, e lo spazio dedicato ai giovani che, come nel Dopoguerra, sono chiamati a fare la loro parte adesso.
“Questo è il tempo di costruire il futuro”, dice il presidente e, quasi con le stesse parole, chiama le giovani generazioni a raccogliere il testimone: “Preparatevi a vivere i capitoli nuovi di questa storia, ad essere voi protagonisti del nostro futuro”. Un messaggio che può essere letto, con malizia politica, anche come un disimpegno dal bis, come un no alla rielezione al Quirinale invocata da tanti, che garantirebbe tra otto mesi la conferma di Mario Draghi a palazzo Chigi. “Sono vecchio”, aveva detto alla scolaresca romana due settimane fa. E qui, alle sette di sera, nel cortile d’onore del Quirinale, sembra ribadire la sua convinzione.
Quel che colpisce è il tono di ottimismo di cui è intessuta l’invocazione a rialzarsi. “Perché non è vero che il Paese è fermo, la storia della Repubblica è una storia di successo”. E’ una sera di straziante bellezza primaverile, prorompe la voglia di rinascita, mentre ovunque nelle piazze del Paese la gente torna ad affollare i ristoranti, godendosi la giornata di festa nel passeggio serale dopo l’incubo degli ultimi quindici mesi. E Mattarella si fa portavoce di questo slancio, ricordando che “non fu un inizio facile” nemmeno nel 1946, quando gli italiani scelsero la Repubblica. “L’Italia è stata ricostruita dalle macerie. La Costituzione ha indicato alla Repubblica la strada da percorrere”.
Dice: “La Repubblica è, prima di tutto, la storia degli italiani e della loro libertà”.
Prova a leggere questo compleanno attraverso gli uomini e le donne, tutti gli uomini e tutte le donne, “spesso rimasti sullo sfondo” e che hanno “dato senso e tradotto in atti concreti parole come dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà”.
E qui il Presidente ha fatto un elogio potente della democrazia, “qualcosa di più di un insieme di regole, un continuo processo in cui si cerca la composizione possibile delle aspirazioni e dei propositi, nella consapevolezza della centralità delle persone, più importanti degli interessi”. Un ruolo fondamentale lo hanno giocato “i partiti, le forze sociali, i soggetti della società civile”, i corpi intermedi da tempi in crisi. Mattarella elenca le conquiste e i dolori di questa storia. Ricorda gli anni bui del terrorismo, cita Aldo Moro e Guido Rossa, “il terrorismo sconfitto con gli strumenti del diritto”, e dalla “straordinaria mobilitazione popolare”. E onora i tanti che hanno perso la vita nel combattere la mafia, perché “la Repubblica è legalità”.
Elenca i grandi moti di solidarietà, dopo le catastrofi: l’alluvione del Polesine, quella di Firenze, il Vajont, e i troppi terremoti, Belice, Friuli, Irpinia, l’Italia centrale, l’Emilia. Ogni volta sono accorsi in migliaia a dare aiuto, a portare sostegno. “Ogni volta abbiamo visto quanto sia forte il legame di solidarietà e fraternità che unisce i nostri territori, il nostro popolo”.
Dedica un passaggio politicamente significativo all’immigrazione. Due anni fa impose una riscrittura dei decreti di sicurezza di Matteo Salvini, oggi ripete che “la Repubblica è umanità e difesa della pace e della vita, come testimonia l’impegno della nostra Guardia costiera e della Marina militare per salvare la vita di persone spinte dalla disperazione alla deriva nel Mediterraneo”.
E poi c’è un lungo capitolo deputato alle donne, che rappresenta la colonna vertebrale del suo discorso. Settantacinque anni fa, alle amministrative del marzo 1946 e poi al referendum del 2 giugno, ci fu finalmente il voto alle donne. Il presidente elogia Lina Merlin, “pioniera della dignità femminile”, che fece abolire le case chiuse. Nilde Iotti, la prima donna presidente della Camera. Ringrazia Liliana Segre, per la opera di memoria. E Samantha Cristoforetti, “che ci rende orgogliosi, perché prima europea chiamata a comandare la stazione spaziale internazionale”. “Non siamo ancora al traguardo di una piena parità, soprattutto riguardo alla condizione delle donne nel mondo del lavoro, al loro numero, al trattamento economico, alle prospettive di carriera, alla tutela della maternità, alla conciliazione dei tempi. Permangono disparità mentre cresce l’inaccettabile violenza contro di loro”.
Eravamo poveri, poverissimi, rammenta Mattarella. “I più anziani ricordano bene da dove siamo partiti”. Mette i fila le grandi riforme che hanno cambiato volto al Paese. “Abbiamo vissuto, probabilmente senza esserne sempre pienamente consapevoli, una straordinaria rivoluzione sociale”. Certo, la nostra Repubblica “è imperfetta”. Ci sono, ricorda, “ancora troppe ingiustizie, ancora diseguaglianze”. E ricorda infatti i morti sul lavoro. Dice: “Il ricordo del sorriso di Luana D’Orazio impegni tutti al dovere di affrontare il tema della sicurezza dei lavoratori con determinazione e con rigore”.
Risollevare il Paese, è stata una grande impresa. Ed è stato uno sforzo collettivo. E oggi “il Paese non è fermo. Affiora talvolta la tentazione di rinchiudersi nel presente, trascurando il futuro. Ma non può essere così”. E tra le priorità c’è “la sostenibilità ambientale”.
Non ci sono riferimenti alle liti nel governo.  Nessuno a Draghi, seduto in prima fila. Nemmeno parla di sé Mattarella. Indica l’orizzonte: “Si chiama Europa. Una costruzione faticosa che si è sviluppata in modo non sempre lineare. Talvolta minacciata da regressioni per illusori interessi particolari, ma nei momenti più critici, capace di grande rilanci. Come sta avvenendo. L’Unione europea è per noi la figlia della scelta repubblicana. L’Europa è il compimento del destino nazionale. E’ un’oasi di pace in un mondo di guerre e di tensioni”.
E chiude con i giovani. “I doveri verso di loro, a cui passeremo il testimone della vita, sono ineludibili. Si presenta una nuova generazione che è pronta, chiede spazio e ha voglia di impegnarsi. Ai giovani vorrei chiedere impegnatevi nelle sfide nuove, a cominciare da quella della sostenibilità e della transizione verso un pianeta fondato sul rispetto dell’ambiente e delle persone come unica possibilità di futuro”.
“Tocca a voi scrivere la storia della Repubblica”, dice rivolto ai giovani presenti al Quirinale, con il ministro Bianchi.  E’ un passaggio di testimone. Un inno a credere al futuro, perché s’intravede finalmente la luce in fondo al tunnel che annuncia un tempo nuovo, “il tempo di costruire il futuro”.

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