Fonte: Corriere della Sera
di Massimo Gaggi
Il neo presidente continua imperterrito a ripetere le sue bugie e mezza America sceglie di credere a lui e non ai media la cui credibilità, in calo da tempo, viene ulteriormente erosa dai suoi continui attacchi
Nel delirio della comunicazione dell’era trumpiana, con la massiccia diffusione di notizie false che i media professionali faticano a confutare, l’attenzione si è spostata dalle campagne a base di informazioni totalmente inventate, seminate da siti-canaglia prima del voto di novembre, alle falsità diffuse a raffica dallo stesso Donald Trump in queste prime settimane della sua presidenza. «Il tasso di omicidi in America è il più alto da 47 anni a questa parte» (in realtà è dimezzato rispetto al picco del 1993). «Ho perso il voto popolare perché nelle urne sono finiti da 3 a 5 milioni di voti illegali» (tutte le indagini del governo, dei repubblicani e dei democratici convergono nel sostenere che quelli dei voti irregolari sono casi rarissimi, isolati). «Milioni di americani hanno perso l’assistenza medica a causa della riforma sanitaria di Obama» (in realtà grazie a «Obamacare» 20 milioni di cittadini privi di assistenza oggi hanno una polizza sanitaria). Insomma affermazioni del presidente la cui falsità sul piano fattuale è facilmente dimostrabile, a volte anche con le immagini come nella disputa sulle dimensioni della folla che ha assistito al giuramento del nuovo presidente.
Ma non ci sono foto che tengano, né bastano i «Pinocchi» affibbiati a Trump dalle testate che hanno verificato i fatti: il presidente continua imperterrito a ripetere le sue bugie e mezza America sceglie di credere a lui e non ai media la cui credibilità, in calo da tempo, viene ulteriormente erosa dai continui attacchi di Trump. Ora, però, il labirinto della ricerca della verità è reso ancor più intricato anche da un fenomeno che nasce a sinistra: il moltiplicarsi di siti di resistenza contro il governo alimentati da dipendenti pubblici e scienziati obbligati dall’Amministrazione a tacere e a non diffondere più sui social media loro documenti come quelli sui mutamenti climatici.
Questi esperti passano in clandestinità dando vita a siti alternativi a quelli «censurati» della Nasa, dei parchi nazionali o dell’Agenzia ambientale, l’Epa. «@ResistanceNasa» o «@AltUSNatPark Service» sono reazioni comprensibili al divieto del governo di informare su problemi come il global warming (che per Trump è un concetto inventato dai cinesi per rendere le industrie Usa meno competitive). Ma la loro natura clandestina rende impossibile sapere chi c’è veramente dietro — scienziati o infiltrati dall’esterno? — per valutare provenienza e credibilità delle analisi diffuse. Così la febbre delle fake news cresce ancora.