Fonte: Corriere della Sera
di Danilo Taino
Un’analisi di Swiss Re, la seconda compagnia di riassicurazione al mondo, prevede che la crescita sarà trainata in buona parte dagli investimenti in infrastrutture e che questi saranno, nei Paesi asiatici emergenti, pari a 1.700 miliardi di dollari all’anno (il 4,2% dei loro Pil) per i prossimi vent’anni
Sarà probabilmente l’Asia a spingere il ritorno alla crescita economica, dopo la pandemia e i lockdown. Con il risultato che il baricentro dell’attività globale si sposterà ancora di più verso Oriente. Un’analisi di Swiss Re, la seconda compagnia di riassicurazione al mondo, prevede che la crescita sarà trainata in buona parte dagli investimenti in infrastrutture e che questi saranno, nei Paesi asiatici emergenti, pari a 1.700 miliardi di dollari all’anno (il 4,2% dei loro Pil) per i prossimi vent’anni: circa 35 mila miliardi che dovrebbero andare a modernizzare le reti di connettività fisiche e digitali del continente.
La cifra si confronta con i 23 mila miliardi che Swiss Re prevede saranno investiti negli stessi vent’anni in infrastrutture nelle economie avanzate. Secondo gli analisti della compagnia svizzera, il complesso dei mercati emergenti investirà 43 mila miliardi in reti, tra il 2021 e il 2040, e le loro economie cresceranno in media annua del 4,4% nel prossimo decennio: il che è meno del 5,5% realizzato tra il 2010 e il 2019 ma è decisamente maggiore dell’1,8% previsto per le economie avanzate. Dei 1.700 miliardi annui d’investimento previsti nell’Asia emergente, 1.200 verranno dalla Cina (è il 4,8% del suo Pil): una cifra che è il 35% degli investimenti globali previsti e il 54%di quelli dei Paesi emergenti. Il secondo investitore in infrastrutture sarà l’India, ma distaccata, con l’8% della spesa delle Nazioni in via di sviluppo. I Paesi africani investiranno il 4,3% del loro Prodotto nazionale lordo, quelli dell’America Latina solo il 2,3% e gli emergenti europei (parte dell’ex blocco comunista) il 3%. Di tutti questi investimenti, Swiss Re prevede che il 34% andrà in infrastrutture energetiche, in particolare nelle fonti rinnovabili. Al di là dell’effetto di stimolo alle economie prodotto da questa massa di denaro pubblico e privato — difficile da prevedere — la modernizzazione delle infrastrutture rafforzerà la capacità e l’efficienza produttiva di alcune parti del mondo più di altre (anche se in nessuna regione chiuderà il gap con le necessità effettive). Così come all’interno dell’Europa, anche nel mondo nel suo complesso alla fine della crisi le differenze di potenzialità tra Paesi saranno maggiori di oggi. Con un equilibrio sempre più spostato a favore dell’Asia.