22 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Pierluigi Battista

Una nuova intolleranza, sia a destra che a sinistra, mostrifica le opinioni degli avversari e squalifica il valore immenso del dissenso. Stiamo andando paurosamente indietro, nella dimensione pubblica, sui social, ma anche in tv, sui giornali, nei libri, nelle aule universitarie persino. Tutti funzionari della scomunica, tutti sacerdoti della censura

Nel suo In prima persona appena tradotto e pubblicato da Marsilio. Alain Finkielkraut, un pensatore formidabile e coraggioso che in Francia viene spesso linciato dalle vestali intellettuali del perbenismo neo-dogmatico, riporta un meraviglioso elogio della polemica e del dissenso scritto da Lessing: «Sembra che ci dimentichiamo a quante domande importanti si è potuto rispondere solamente grazie agli avversari, e che gli esseri umani non sarebbero d’accordo su nessuna cosa se non avessero litigato su nulla». Una boccata d’ossigeno in un’epoca sempre più oscurantista, allergica alla discussione, che tende sempre più a cancellare la disputa, il dibattito, il conflitto di idee per rimpiazzarli con la «feroce pratica della scomunica», come scrive Finkielkraut, «con la gogna al posto della polemica» in un crescendo di intolleranza e di arroganza sbrigativa in cui ci si arroga il «monopolio della parola legittima», un clima «pedante, teso, opprimente» che soffoca ogni diversità di opinione (anche di opinioni sgradevoli) per «regnare sulla società senza confronti e senza interlocutori».
La forza delle parole di Lessing è che mettono a fuoco il valore della differenza e del conflitto, non come ostacolo da superare per arrivare a una lugubre uniformità, ma come prova e rafforzamento delle nostre opinioni che accettano il confronto anche aspro per vincere sul piano delle argomentazioni e non su quello della censura. Il conflitto migliora, ci rende più sottili, ci costringe ad aver ragione sulle obiezioni, rafforza le nostre posizioni esposte all’aria aperta, e non nel chiuso di una gabbia in cui tutti dicono la stessa cosa e fanno il coro. Una nuova intolleranza che, sia a destra che a sinistra, mostrifica le opinioni degli avversari e squalifica il valore immenso del dissenso. Stiamo andando paurosamente indietro, nella dimensione pubblica, sui social, ma anche in tv, sui giornali, nei libri, nelle aule universitarie persino. Tutti funzionari della scomunica, tutti sacerdoti della censura. Prepotenti convinti di possedere la verità rivelata e che non sopportano la contestazione anche aspra a ciò che sostengono. E per fortuna che c’è un giovane come Pietro Castellitto che a Venezia, ringraziando per il premio al suo film, lo ha voluto dedicare «a chi non è d’accordo» con lui. Un piccolo gesto di resistenza. Grazie.

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