Si ripropongono nette divisioni tra i settori scientifici; e, in ambito umanistico, si premiano, nei concorsi e nell’assegnazione dei fondi, soprattutto studi descrittivi, privi di originalità, condannati all’irrilevanza, pubblicati su riviste senza circolazione, caratterizzati da approcci iper-verticali
Un fantasma si aggira nell’Università italiana: il fantasma del Novecento. Siamo dinanzi a uno scenario segnato da antitesi paradossali.
Per un verso, in linea con quel che accade a livello internazionale (bandi ERC), si sostengono percorsi didattici (corsi di laurea e dottorati) e progetti di ricerca (bandi PRIN) fondati sulle contaminazioni tra le discipline. Per un altro verso, si ripropongono nette divisioni tra i settori scientifici; e, in ambito umanistico, si premiano, nei concorsi e nell’assegnazione dei fondi, soprattutto studi descrittivi, privi di originalità, condannati all’irrilevanza, pubblicati su riviste senza circolazione, caratterizzati da approcci iper-verticali.
Si tratta di una prospettiva anacronistica, testimonianza di un’università strangolata dalla burocrazia tecnocratica. Ingabbiare, in strette camicie di forza, ricercatori che, spesso portati a trattare i saperi come vecchi arnesi, si comportano da vestali di un piccolo mondo antico, fatto di confini invalicabili, scandito in compartimenti stagni, espressione di una visione «ariana» della cultura, indifferente alle ibridazioni. È come innalzare dighe per difendersi dalle onde dell’età contemporanea. Che, invece, si dà come un parallelogramma di forze, in cui crolla ogni frontiera.
Per interrogare questo flusso, non bastano le letture ferme e chiuse. Si avverte la necessità di un lavoro interdisciplinare, inteso, scriveva Roland Barthes, non come confronto tra scienze già costituite, ma come sfida per «creare un nuovo oggetto che non appartiene a nessuno».
Dunque, uscire dalle semplificazioni, che tendono a rendere il nostro presente dominabile e prevedibile, per misurarsi con una costellazione complessa, nella quale tutto è collegato, in relazione e interdipendente, come un inestricabile tessuto. Non separare le conoscenze, ma connetterle, disegnando i contorni di una problematica muldidimensionalità. Per definire territori aperti, all’interno dei quali le diverse dottrine, pur difendendo specificità e prerogative, rinuncino al proprio «particulare», per far affiorare corrispondenze segrete.
Questa mutazione è stata recepita dall’università francese che, da anni, sta sperimentando un superamento delle barriere, per immaginare contenitori più ampi e fluidi. Quando la nostra università uscirà dal Novecento?