22 Novembre 2024
Francia Macron

Il presidente è percepito come un tecnocrate insopportabile, lontano dalla gente. E non capisce che il punto non è avere ragione o torto: il punto è che questa sua storia è finita, nel disprezzo

Tre giorni dopo l’azzardo, le reazioni febbrili e scomposte del mondo politico francese sembrano andare nella direzione sperata da Emmanuel Macron: porre sé e il proprio partito, ancora una volta, come il polo della ragione e della competenza di fronte all’irresponsabilità degli altri due poli di destra e di sinistra, sempre più attratti e corrotti dalle ali estreme.
È la strategia politica che il presidente, in fondo, usa con successo da anni, e che domenica sera ha voluto interpretare al limite del virtuosismo — o della follia, secondo i punti di vista — convocando rapidissime elezioni anticipate che tra poche settimane potrebbero consegnare il Paese al suo maggior nemico, il Rassemblement national di Marine Le Pen e Jordan Bardella. Andiamo a vedere le carte, è sembrato dirsi Macron, e lo spettacolo adesso è un leader di partito (Ciotti, a destra) barricato nel suo ufficio mentre i quadri riuniti in strada lo espellono, e un altro (Glucksmann, a sinistra) che tenta di frenare su un’alleanza già conclusa a sua insaputa.
Viste queste reazioni la scommessa di Macron potrebbe anche funzionare, ma il presidente sembra sottovalutare un elemento molto potente, che potremmo chiamare il «fattore M»: ovvero l’avversione epidermica, istintiva, talvolta anche irrazionale ma ormai molto tenace, che proprio lui, Macron, suscita in una parte consistente della popolazione. Specie tra quei 66 milioni di francesi su 68 che non abitano a Parigi.
La conferenza di ieri è un ottimo esempio di questa contraddizione. Chi lo apprezza ha visto il solito presidente: sicuro di sé, ragionevole, capace di usare ottimi argomenti per dire alla sinistra moderata, socialdemocratica, pro-Ucraina e pro-Europa: non potete andare con quell’estremista filo-Putin di Mélenchon, passate dalla mia parte. E alla destra gollista: non potete andare con i nemici di De Gaulle, venite con me.
Ma che cosa avranno pensato tutti gli altri, quei francesi che da anni scendono in piazza per i motivi più vari ma sempre gridando «Macron démission!», o quelli che all’inizio lo guardavano con favore ma sono delusi?
Ai loro occhi Macron, percepito come un insopportabile tecnocrate lontano dalla gente comune, sarà forse sembrato come colui che cerca di riconquistare la persona amata inondandola di ragionamenti, spiegazioni, dimostrazioni.
Due ore di parole ragionevoli, senza capire che il punto non è avere ragione o torto, il punto è che è finita. E non nell’indifferenza, ma nel disprezzo. È questo il personale «fattore M» che minaccia la scommessa, pur politicamente sensata, di Emmanuel Macron.

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