Per Elly Schlein diritti sociali e civili sono inscindibili. Il programma in tema di lavoro è molto più ricco e articolato, ma nella comunicazione pubblica le parole d’ordine tradiscono la nostalgia per un mondo in cui la flessibilità non esisteva
Sotto la guida di Elly Schlein, il tema dei «diritti» diventa una priorità nell’agenda del Pd. E acquista una accezione estesa: secondo la nuova segretaria non contano solo i diritti sociali, ma anche quelli civili. I due sono anzi inscindibili per creare una società più giusta e più eguale.
Nel programma di Schlein si nota però una evidente asimmetria. Sui diritti civili vi sono proposte concrete, in linea con i più avanzati orientamenti delle sinistre europee. Il principio di base è l’eguale riconoscimento delle diversità. Dunque tutela della libertà di scelta su temi come l’aborto, il fine vita, l’identità di genere. E sanzioni contro i discorsi d’odio e tutte le forme di discriminazione.
Posizioni nette rispetto a molte prudenze del vecchio Pd.
Sui diritti sociali vi è una certa ambiguità, lo sguardo sembra spesso rivolto all’indietro. Questa impressione è suffragata dal bersaglio polemico su cui insiste Schlein: il Jobs Act, indicato come un grave peccato di marca neo-liberista, responsabile del tracollo elettorale del Pd. Una posizione che è condivisa dalle correnti più radicali della sinistra, dentro e fuori il partito.
Non è chiaro se Schlein voglia tornare all’articolo 18, ma sicuramente intende introdurre drastiche limitazioni ai contratti a termine. La neo-segretaria non fa distinzione tra precarietà e flexsecurity e chiede maggiori tutele contro i licenziamenti.
Il programma di Elly Schlein in tema di lavoro è molto più ricco e articolato, ma nella comunicazione pubblica le parole d’ordine tradiscono la nostalgia per un mondo in cui la flessibilità non esisteva.
In Italia la quota di contratti «non standard» sul totale (16,3%) è più o meno in linea con l’Europa, vicino a quella francese e più bassa di quella olandese e spagnola. Più che il tipo di contratto, la vera sfida per chi lavora è oggi il rischio di povertà, a sua volta connesso alle basse retribuzioni, ai tanti lavori di qualità scadente in settori arretrati. Due problemi che riguardano anche molti contratti a tempo indeterminato. La povertà è poi endemica tra le famiglie numerose con adulti disoccupati.
Il salario minimo (che è nell’agenda Schlein) può attenuare la sfida, ma conviene espandere la gamma delle possibili risposte. In alcuni Paesi è lo Stato a integrare i redditi più bassi (i cosiddetti in-work benefits). Nella sinistra europea si è poi aperto un dibattito sulla cosiddetta «garanzia universale dei servizi di base» (Universal Basic Services). L’accesso a questi servizi — inclusi i trasporti, l’energia e l’alimentazione — dovrebbe essere calmierato o gratuito per i ceti meno abbienti, in modo da sostenere il loro potere d’acquisto. Cruciale anche il versante della formazione. Schlein propone che i tirocini dei giovani siano retribuiti: da chi? Una proposta concreta potrebbe essere l’introduzione di un nuovo diritto sociale, peraltro già nell’agenda della Ue: avere un conto personale per l’apprendimento e la formazione lungo l’arco della vita (stage compresi), alimentato da trasferimenti pubblici e dalle imprese. Al conto personale potrebbe aggiungersi il diritto a una «indennità di transizione», per facilitare i passaggi lavorativi dai settori inquinanti a quelli «verdi».
La vulnerabilità economica affonda le radici più profonde nella bassa partecipazione lavorativa. L’Italia ha quasi il doppio di nuclei monoreddito rispetto alla Francia. È difficile oggi mantenere partner e figli con un reddito solo. Abolire il Jobs Act aggraverebbe solo il problema. La soluzione è creare nuova occupazione (femminile). Nei dibattiti della sinistra europea e nord americana circola l’idea di istituire una job guarantee. In caso di disoccupazione, al posto del sussidio verrebbe garantito un posto di lavoro nei settori dove oggi si concentrano molti bisogni «eco-sociali» non soddisfatti: cura degli anziani e dei bambini, tutela dell’ambiente e dei territori, agricoltura sostenibile, conservazione e promozione del patrimonio culturale e così via. Si creerebbe in questo modo un circolo virtuoso: garanzia di occupazione a chi non ce l’ha, doppi redditi in famiglia e meno vulnerabilità, nuovi diritti all’assistenza e alla qualità dell’ambiente per tutti. Vari esperimenti di job guarantee sono già stati avviati in alcuni Paesi a livello locale, secondo un approccio denominato «zero disoccupati di lungo periodo». Sotto il governo Draghi, il ministro Orlando — oggi fra i sostenitori di Elly Schlein — ha introdotto la Gol (garanzia occupabilità dei lavoratori). Facendo leva su questo schema, si potrebbe sperimentare una job guarantee per quegli «abili al lavoro» destinati a perdere il reddito di cittadinanza in base alle nuove norme del governo Meloni.
Elly Schlein ha annunciato che il nuovo Pd si mobiliterà a difesa dei poveri, dei precari, dei disoccupati. Un discorso di sinistra, finalmente attento alle donne. Ma per ora un po’ ossessivamente incentrato su precarietà e Jobs Act. Ci sono tante altre proposte da fare per aiutare l’Italia «che fa più fatica». Proposte che guardano avanti, calibrate sulle irreversibili «diversità» dell’economia e della società di oggi. Diversità che richiedono, come sul versante civile, adeguato riconoscimento programmatico, nonché l’introduzione di nuovi e più efficaci diritti eco-sociali.