19 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Sabino Cassese

Il presidente della Repubblica non vuole lasciare nulla di intentato per rispettare la volontà espressa dall’elettorato: ha quindi avviato tre diverse procedure di consultazione e se ne riserva probabilmente una conclusiva


Il presidente della Repubblica ha svolto due consultazioni con le forze politiche rappresentate in Parlamento, il 4-5 e il 12-13 aprile. Non avendo riscontrato l’esistenza di una intesa di maggioranza parlamentare, ha incaricato, il 20 aprile, la seconda carica dello Stato di compiere una esplorazione alla ricerca di tale maggioranza tra centro-destra e M5S. Fallita tale esplorazione, ne ha richiesta, tre giorni dopo, un’altra alla terza carica dello Stato, in diversa direzione, quella del M5S e del Pd. Il Paese segue con ansia e preoccupazione (ma anche con l’attenzione e la curiosità con le quali si potrebbero seguire le mosse dei giocatori e attendere i risultati di una partita) questo iter procedurale alla ricerca di un governo che richiede necessariamente accordi parlamentari (le elezioni hanno indicato vincitori senza vittoria). È stupito dal contrasto tra le elezioni regionali, che hanno consentito al Molise di avere un capo dell’esecutivo il giorno dopo le elezioni, e quelle nazionali, che a distanza di due mesi non hanno prodotto un analogo risultato. Sa che nei prossimi tre mesi si addensano scadenze internazionali alle quali occorrerà che l’Italia sia pienamente rappresentata (due importanti riunioni dell’Unione europea, un vertice della Nato e un Summit del G7). Capisce, d’altra parte, che le forze politiche vogliano attendere i risultati della seconda elezione regionale, per evitare di appesantire le ali di un nuovo governo, al momento del decollo.
Tutto questo avviene con grande ordine e nel rispetto di tutte le procedure, segno della forza della democrazia. Il Presidente, il regista delle crisi, non vuole lasciare nulla di intentato, per rispettare la volontà espressa dall’elettorato: ha quindi avviato tre diverse procedure di consultazione, affidate a mani diverse, e se ne riserva probabilmente una conclusiva. I partiti politici che si sono affacciati sulla scena parlamentare, rinnovandola per due terzi, hanno rapidamente seguito le regole della democrazia, passando da movimento a istituzione, cominciando a convertire slogan in indirizzi politici, mostrando anche di essere bravi tattici, con negoziati e trattative, necessariamente riservati, accettando compromessi. Fino a ieri prevalentemente attivi nella piazza o nella Rete, stanno mostrando ora di sapersi muovere anche nel Palazzo.
La Costituzione stabilisce che vi deve essere una «politica generale del governo» e un suo «indirizzo politico ed amministrativo». Le forze politiche, divise in tre (o quattro) poli, cercano di de-differenziarsi, si industriano di trovare possibili punti di accordo, consapevoli del fatto che la responsabilità di formare un governo passa attraverso l’esame delle compatibilità dei programmi, se è necessario un accordo (come in tutte le democrazie che, proprio per questo, sono state chiamate consociative). Gli accordi sui vertici parlamentari sono stati raggiunti rapidamente. È più difficile la partita del governo, che richiede necessariamente intese più complesse. Nei confronti di queste ultime vi sono oggi segni di insofferenza. Ma la Repubblica fu fondata su compromessi. Uno storico ha osservato che alla Costituente non vi fu leader che non sottolineasse la necessità di arrivare a un compromesso: tra gli altri, nel marzo-maggio 1947, Saragat, Togliatti, Basso. E, successivamente, in tanti (tra gli altri, Moro e Mortati) apprezzarono il compromesso, le «convergenze», le «transazioni costituzionali». Il compromesso raggiunto nel 1947 ha accompagnato lo sviluppo della democrazia italiana. Ha prima consentito, per più di quaranta anni, un progressivo allargamento della base di consenso dei governi. Poi, nel 1993-94, ha permesso l’adozione di una nuova formula elettorale e un rinnovamento delle forze politiche, aprendo la strada a formazioni nuove. Ora, con le elezioni del 2018, ritornati alla formula elettorale prevalentemente proporzionale, sta consentendo l’emersione di nuovi protagonisti politico-parlamentari. Tutti questi rivolgimenti delle forze politiche si sono svolti in un quadro costituzionale stabile. Vi sono state tensioni (ricordo soltanto la insofferenza per le consultazioni presidenziali, dopo elezioni svolte con la formula elettorale maggioritaria, che indicava partito e leader vincenti), ma mai il quadro costituzionale è stato messo in dubbio.
Per concludere, non vi è stata l’invasione degli Hyksos, occorre con pazienza attendere la fine delle consultazioni e degli sforzi del presidente della Repubblica di aiutare la formazione di un governo che possa avere l’approvazione della maggioranza parlamentare. Verrà dopo la prova più ardua, quella del governo, cioè della gestione, ed è quella che attendiamo con trepidazione, qualunque sia la maggioranza che potrà costituirsi, per la difficoltà di tradurre le promesse in proposte, per la gravità dei compiti e perché nella «stanza dei bottoni» (specialmente se alcuni di questi non funzionano) non si bara.

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