Riconoscere il valore alle istituzioni è vitale per le democrazie. Ma a crederci poco sono per primi i partiti
Invece di riservare all’astensionismo ipocriti pianterelli all’indomani del voto, assai prima delle elezioni le forze politiche avrebbero dovuto occuparsi di come ridurre il fenomeno. Non è problema di poco conto. Mentre sistemi autoritari o dittatoriali intensificano gli attacchi contro le democrazie occidentali e i principi di libertà, vitale è per il futuro dei sistemi democratici assicurarsi che i cittadini riconoscano un valore alle istituzioni e partecipino alla politica. In particolare lo è mentre le offensive altrui si servono sia di azioni militari localizzate (l’invasione russa dell’Ucraina, il bombardamento dell’Iran su Israele, per esempio) sia di sabotaggi alle economie (come gli ostacoli opposti dagli Houthi al traffico commerciale marittimo) sia di operazioni propagandistiche di influenza. In tempi di incertezze, le ultime talvolta propongono ai popoli dei Paesi liberi la concorrenza di sistemi presentati come più solidi, adatti alle decisioni meglio delle riflessive ed esitanti democrazie. E l’Italia sta agendo in senso contrario a ciò che l’attuale fase della storia richiederebbe al suo ruolo di Stato fondatore dell’Unione Europea, di Repubblica basata sul suffragio universale dal 1946, di antica patria di una civiltà e del diritto.
«L’affluenza alle urne, una delle forme più importanti di partecipazione politica, è in calo dagli anni ‘50, il che rappresenta una grande sfida per le democrazie di tutto il mondo. Da vari studi emerge sistematicamente che il tasso di affluenza alle urne dei giovani a diversi livelli e in diversi Paesi e regioni è basso in modo allarmante», ha constatato una ricerca eseguita nel 2023 per conto della commissione Affari costituzionali del Parlamento Europeo. L’origine prevalente della disaffezione al voto non pare addebitabile all’Unione Europea, bensì alla diffidenza verso la politica nel suo complesso. Che il discredito fermenti innanzitutto in ambito nazionale è evidente. In uno studio su dati dell’Eurobarometro si nota che in Italia, nelle elezioni del 2019 per l’assemblea di Strasburgo, il 26,9% degli astenuti non era andato al seggio a causa di «poca fiducia o insoddisfazione per la politica in generale», un altro 11,5% perché «non interessato alla politica in quanto tale», un ulteriore 10,9% per la convinzione che «il voto non ha conseguenze». Soltanto il 7,9% aveva rinunciato alla scheda perché «non interessato alle questioni europee», più il 6,3% perché «non del tutto soddisfatto dall’Ue». A fornire la motivazione drastica «mi oppongo all’Ue» era stato il 3% degli intervistati.
«Malgrado quello che si potrebbe pensare sulla base del senso comune, non è l’indifferenza verso l’Unione la principale motivazione, ma l’insoddisfazione e la sfiducia che riassumiamo con il termine di “protesta”», osservò nel 2022 una commissione autrice per la presidenza del Consiglio italiana del libro bianco «Come ridurre l’astensionismo e agevolare il voto».
Che tristezza, quale vittoria dell’espediente rispetto alla maturazione civile vedere adesso in Italia un nuovo tipo di consociativismo: la convergenza quasi unanime, tra forze diverse, nel chiedere agli elettori dell’8 e 9 giugno alcuni voti destinati a dare risultati col trucco, quelli per i candidati che una volta eletti non andranno a votare nell’organismo europeo del quale il popolo li designerà a far parte perché hanno già altro da fare a tempo pieno, guidare il governo o le opposizioni o una formazione. Candidature all’inchiostro simpatico, a beneficio di imprecisati nomi meno votati in favore dei quali si dimetteranno eletti. Candidature in testa di lista solo per fare da calamita a preferenze.
«Gli studi sulle elezioni europee rivelano negli Stati dell’Ue uno sconcertante scenario di astensionismo, in particolare tra le fasce più giovani di aventi diritto al voto, le quali denotano un tasso di astensione alle elezioni europee particolarmente elevato (oltre il 70%). Il divario tra elettori giovani e più anziani inoltre si è notevolmente ampliato in tutto il mondo democratico», ha messo in guardia la ricerca per la commissione dell’Europarlamento.
La prossima legislatura di Strasburgo sarà chiamata a deliberare se l’Ue deve aumentare o diminuire la propria capacità di incidere sulle vicende del mondo. Dovrà scegliere quali strade imboccare in bivi cruciali mentre vari fattori corrodono equilibri geo-politici, per quanto imperfetti, che hanno permesso a noi benessere e pace. I massimi esponenti della politica italiana dicono ai cittadini: votateci, poi marameo. Magnifica capacità di produrre satira su sé stessi. Se non fosse una cosa seria.