Fonte: La Stampa
di Marco Bresolin
Niente finanziamenti ulteriori né trasferimenti: lo strumento da 7,5 miliardi annunciato da von der Leyen consentirà soltanto ai governi di non restituire a Bruxelles i fondi Ue già stanziati e non ancora spesi
Il nuovo “Fondo di investimenti Ue per il Coronavirus” da 7,5 miliardi di euro (che “potrebbe” mobilitarne 25) non è un Fondo di investimenti Ue. A smentire l’annuncio fatto martedì sera da Ursula von der Leyen è il portavoce della Commissione Europea, Eric Mamer, che oggi ha precisato: «Non si tratta di un Fondo, ma di una iniziativa per utilizzare fondi già esistenti».
La confusione è grande sotto il cielo di Bruxelles, perché ovviamente il nuovo strumento – i cui dettagli sono ancora in via di definizione – appare molto diverso da come era stato annunciato. Eppure era stata la stessa presidente della Commissione a presentare la misura come un nuovo Fondo durante la conferenza stampa al termine del Consiglio europeo straordinario di martedì. Aveva usato proprio questa parola – ripresa anche in uno dei suoi tweet – per descrivere una misura in grado di iniettare «sin dalle prossime settimane» 7,5 miliardi di euro destinati «al settore sanitario, alle piccole e medie imprese, al mercato del lavoro e agli altri settori vulnerabili colpiti dalle conseguenze dell’epidemia». Attraverso investimenti che – annuncia la Commissione – «raggiungeranno presto la somma di 25 miliardi di euro».
I fondi non spesi
Con il passare delle ore, però, si è scoperto che le cose stanno diversamente. Innanzitutto non ci saranno nuovi soldi, né trasferimenti di risorse da un Paese all’altro in base alle esigenze legate all’epidemia. No, non è una misura di solidarietà all’interno del bilancio Ue. Ma uno strumento che consentirà agli Stati di utilizzare per fini diversi i fondi strutturali che non saranno o non sono stati in grado di spendere. Sempre e solo nel limite della quota già assegnata: a quanto si apprende, infatti, nessun Paese avrà un euro in più o un euro in meno del previsto. E non è ancora chiaro se quei fondi – a oggi assegnati su base regionale – potranno essere dirottati ad altre regioni dello stesso Paese. A oggi sono le regioni del Sud Italia che hanno maggiori difficoltà a spendere i Fondi Ue, in particolar modo la Sicilia. Ma al momento sono le regioni del Nord ad avere esigenza di ammortizzatori economici per le conseguenze del virus.
Il meccanismo
Per essere utilizzati, i fondi europei richiedono un cofinanziamento nazionale. Funziona così: Bruxelles – attraverso criteri di assegnazione predefiniti – dà un euro a uno Stato, il quale può usarlo per finanziare determinati progetti aggiungendo un altro euro (attraverso il bilancio nazionale o regionale). Capita che gli Stati non siano in grado di spendere tutti i soldi che sono stati loro assegnati proprio perché non sono in grado di stanziare risorse nazionali in co-finanziamento: in questo caso i fondi già pre-assegnati dalla Ue vanno restituiti.
La proposta
Il nuovo strumento a cui sta lavorando la Commissione (“Sarà pronto entro la fine della settimana” ha annunciato l’esecutivo Ue) prevede che Bruxelles rinunci all’obbligo di chiedere la restituzione di quei fondi già assegnati e non spesi. I governi potranno dunque trattenerli e utilizzarli come cofinanziamento nazionale da combinare ad altri investimenti nell’ambito dei fondi strutturali. Così facendo, l’esecutivo Ue stima che «alla luce dei tassi medi di cofinanziamento tra gli Stati membri, i 7,5 miliardi di euro saranno in grado di innescare il rilascio e l’utilizzo di circa 17,5-18 miliardi di euro di finanziamenti strutturali in tutta l’Ue».
I veri numeri
La cifra dei 25 miliardi totali è dunque soltanto una stima. L’unico dato certo sono i 7,5 miliardi che verranno lasciati nelle casse degli Stati (ovviamente di tutti e 27) Nessuno avrà risorse aggiuntive, ma con questa nuova «iniziativa» ogni Paese otterrà la possibilità di non perdere i fondi Ue non spesi e – forse – di dirottarli verso regioni diverse rispetto a quelle a cui erano stati inizialmente assegnati. Tutto questo a prescindere dal fatto che il Paese in questione sia o meno colpito gravemente dall’emergenza coronavirus: il portavoce della Commissione ha infatti spiegato che «se un Paese ha già utilizzato tutti i fondi Ue non può usare questa misura di liquidità».