Fonte: Corriere della Sera
di Gian Guido Vecchi
Francesco è atterrato in quella che ha definito: «La Capitale spirituale del mondo» Ha lasciato immutato il suo programma di viaggio
ANGUI (Repubblica Centrafricana) – «Oggi Bangui diviene la capitale spirituale del mondo. L’Anno santo della misericordia viene in anticipo a questa terra». Alle 17.13 Francesco posa i palmi delle mani sulla porta santa della cattedrale di Bangui e apre i battenti.
Poco prima, parlando a braccio alla folla rimasta all’esterno, aveva spiegato il senso della sua scelta di venire qui, in zona di guerra: «Questa terra soffre da diversi anni la guerra, l’odio, l’incomprensione, la mancanza di pace. In questa terra sofferente ci sono anche tutti i paesi del mondo che sono passati per la croce della guerra. Bangui diviene la capitale spirituale per la preghiera della misericordia del Padre. Tutti noi chiediamo pace, misericordia, riconciliazione, perdono, amore. Per Bangui, per tutta la Repubblica Centroafricana e per tutto il mondo, per i paesi che soffrono la guerra, chiediamo la pace». Poi ha alzato lo sguardo, invitando i fedeli a ripetere le sue parole: «Tutti insieme chiediamo amore e pace, tutti insieme: “Ndoye Siriri”. Con questa preghiera cominciamo l’Anno Santo in questa capitale spirituale del mondo oggi». Il tono dell’omelia è solenne: «In questa prima domenica di Avvento, tempo liturgico dell’attesa del Salvatore e simbolo della speranza cristiana, Dio ha guidato i miei passi fino a voi, su questa terra, mentre la Chiesa universale si appresta ad inaugurare l’Anno giubilare della misericordia». Francesco parla del perdono dei nemici che «premunisce contro la tentazione della vendetta e la spirale delle rappresaglie senza fine». Dio è giustizia e amore: «A tutti quelli che usano ingiustamente le armi di questo mondo, io lancio un appello: deponete questi strumenti di morte, armatevi piuttosto della giustizia, dell’amore e della misericordia, autentiche garanzie di pace».
Fra i profughi
La prima immagine, appena l’aereo del Papa tocca terra all’aeroporto di Bangui, sono le baracche del campo profughi ai margini della pista, i bambini che corrono sul prato per vedere Francesco. Sono loro a salutare per primi il pontefice che arriva in zona di guerra, una guerra civile che dura da quasi tre anni. Ci sono caschi blu dappertutto, anche sui pulmini bianchi con la sigla UN sulle fiancate che portano i giornalisti in città: uno guida, l’altro è seduto accanto con un mitra. In città, Bergoglio ha percorso quattro chilometri in auto chiusa e cinque, più della metà, sulla papabile scoperta, passando dal palazzo presidenziale al campo profughi. Stupefacente la visita al campo profughi di Saint Sauveur, il Papa che avvicina migliaia di persone in festa e resta a lungo a stringere mani, ad accarezzare i bambini, fino a rivolgersi loro a braccio, in italiano, mentre un interprete traduce: ”Saluto tutti voi che siete qui. Ho letto quello che hanno scritto i bambini: pace, perdono, unità, amore, tante cose…Noi dobbiamo lavorare e pregare e fare di tutto per la pace. Ma la pace senza amore, senza amicizia, senza tolleranza, senza perdono non è possibile. Ognuno di noi deve fare qualcosa. Io auguro a voi e a tutti i centroafricani la pace, una grande pace tra voi: che possiate vivere in pace qualsiasi sia l’etnia, la cultura, la religione, lo stato sociale. Tutti in pace, perché tutti siamo fratelli”. Lo fa ripetere, «Vorrei che dicessimo insieme : tutti siamo fratelli! Ancora!», e conclude: «Per questo, per questo, perché tutti siamo fratelli, vogliamo la pace».
«Pellegrino di pace e speranza»
“È arrivato il Signore, per noi è un giorno indimenticabile, con l’arrivo del Papa in Centrafrica cambierà tutto”, dice Jocaste, una signora che lavora all’aeroporto. “Vengo nella Repubblica Centrafricana come pellegrino di pace, e mi presento come apostolo di speranza”, scrive Francesco in un messaggio su Twitter. Oggi pomeriggio, sarà il primo pontefice ad aprire una porta santa del Giubileo fuori da Roma, nella cattedrale di Bangui, un anticipo dell’Anno Santo della Misericordia che inizierà l’8 dicembre a San Pietro. Prima gli incontri con le autorità e la visita al campo profughi di Bangui. Lungo la strada ci sono i mezzi corazzati delle Nazioni Unite e migliaia di persone in festa, gli ombrelli a ripararsi dal sole. Sventolano bandierine gialle e bianche del Vaticano, fazzoletti, immagini sacre. Soldati e ragazzi che giocano a pallone. La presidente ha accolto il Papa dicendo: «Dio ha ascoltato le nostre preghiere e ci ha inviato il messaggero di pace».
«Pellegrino di pace e speranza»
“È arrivato il Signore, per noi è un giorno indimenticabile, con l’arrivo del Papa in Centrafrica cambierà tutto”, dice Jocaste, una signora che lavora all’aeroporto. “Vengo nella Repubblica Centrafricana come pellegrino di pace, e mi presento come apostolo di speranza”, scrive Francesco in un messaggio su Twitter. Oggi pomeriggio, sarà il primo pontefice ad aprire una porta santa del Giubileo fuori da Roma, nella cattedrale di Bangui, un anticipo dell’Anno Santo della Misericordia che inizierà l’8 dicembre a San Pietro. Prima gli incontri con le autorità e la visita al campo profughi di Bangui. Lungo la strada ci sono i mezzi corazzati delle Nazioni Unite e migliaia di persone in festa, gli ombrelli a ripararsi dal sole. Sventolano bandierine gialle e bianche del Vaticano, fazzoletti, immagini sacre. Soldati e ragazzi che giocano a pallone. La presidente ha accolto il Papa dicendo: «Dio ha ascoltato le nostre preghiere e ci ha inviato il messaggero di pace».
Le risorse non sfruttate
La storia degli ultimi tre anni, nella Repubblica Centrafricana, è una sequenza di orrori: la nascita nel 2012 della coalizione musulmana Seleka che nel marzo 2013 depone il presidente François Bozizé, scappato in Camerun; la nascita delle milizie cristiane degli “anti-Balaka”, ovvero gli “anti-machete”; il presidente autoproclamato Michel Djotodia che lascia nel gennaio 2014; la guerra civile e il reclutamento di diecimila bambini soldato, le violenze tra gruppi che si moltiplicano e hanno provocato migliaia di morti e quasi un milione di sfollati. La presidente provvisoria, Catherine Samba-Panza, dovrebbe portare il Paese ad elezioni. Chi soffia sull’odio religioso ha mire più terrene. Una delle popolazioni più povere del mondo vive in uno dei paesi più ricchi di risorse: l’uranio a Bakouma, i giacimenti sparsi di oro e di ferro, il petrolio a Birao, perfino il legno.
«Pellegrino di pace e speranza»
“È arrivato il Signore, per noi è un giorno indimenticabile, con l’arrivo del Papa in Centrafrica cambierà tutto”, dice Jocaste, una signora che lavora all’aeroporto. “Vengo nella Repubblica Centrafricana come pellegrino di pace, e mi presento come apostolo di speranza”, scrive Francesco in un messaggio su Twitter. Oggi pomeriggio, sarà il primo pontefice ad aprire una porta santa del Giubileo fuori da Roma, nella cattedrale di Bangui, un anticipo dell’Anno Santo della Misericordia che inizierà l’8 dicembre a San Pietro. Prima gli incontri con le autorità e la visita al campo profughi di Bangui. Lungo la strada ci sono i mezzi corazzati delle Nazioni Unite e migliaia di persone in festa, gli ombrelli a ripararsi dal sole. Sventolano bandierine gialle e bianche del Vaticano, fazzoletti, immagini sacre. Soldati e ragazzi che giocano a pallone. La presidente ha accolto il Papa dicendo: «Dio ha ascoltato le nostre preghiere e ci ha inviato il messaggero di pace».
Le risorse non sfruttate
La storia degli ultimi tre anni, nella Repubblica Centrafricana, è una sequenza di orrori: la nascita nel 2012 della coalizione musulmana Seleka che nel marzo 2013 depone il presidente François Bozizé, scappato in Camerun; la nascita delle milizie cristiane degli “anti-Balaka”, ovvero gli “anti-machete”; il presidente autoproclamato Michel Djotodia che lascia nel gennaio 2014; la guerra civile e il reclutamento di diecimila bambini soldato, le violenze tra gruppi che si moltiplicano e hanno provocato migliaia di morti e quasi un milione di sfollati. La presidente provvisoria, Catherine Samba-Panza, dovrebbe portare il Paese ad elezioni. Chi soffia sull’odio religioso ha mire più terrene. Una delle popolazioni più povere del mondo vive in uno dei paesi più ricchi di risorse: l’uranio a Bakouma, i giacimenti sparsi di oro e di ferro, il petrolio a Birao, perfino il legno.
In francese il primo discorso
Rivolgendosi alle autorità in francese, «in questo luogo che è in un certo senso la casa di tutti i centrafricani», Francesco ha invocato «unità, dignità e lavoro» e una «pace fondata sulla giustizia». L’unità, anzitutto: «È un valore- cardine per l’armonia dei popoli. Si tratta di vivere e di costruire a partire dalla meravigliosa diversità del mondo circostante, evitando la tentazione della paura dell’altro, di ciò che non ci è familiare, di ciò che non appartiene al nostro gruppo etnico, alle nostre scelte politiche o alla nostra confessione religiosa. L’unità richiede, al contrario, di creare e promuovere una sintesi delle ricchezze di cui ognuno è portatore». E poi la dignità, perché «ogni persona ha una dignità», ha insistito Francesco: «Tutto dev’essere fatto per tutelare la condizione e la dignità della persona umana. E chi ha i mezzi per condurre una vita dignitosa, invece di essere preoccupato per i privilegi, deve cercare di aiutare i più poveri ad accedere anch’essi a condizioni di vita rispettose della dignità umana, in particolare attraverso lo sviluppo del loro potenziale umano, culturale, economico e sociale». Così il Papa elenca: «L’accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria, la lotta contro la malnutrizione e la lotta per garantire a tutti un’abitazione decente dovrebbe essere al primo posto di uno sviluppo attento alla dignità umana. In ultima analisi, la dignità dell’essere umano è di impegnarsi per la dignità dei suoi simili». Infine, il lavoro: «Anche voi, centroafricani, potete migliorare questa splendida terra, sfruttando saggiamente le sue abbondanti risorse. Il vostro Paese si trova in una zona considerata uno dei due polmoni dell’umanità, per della sua eccezionale ricchezza di biodiversità». Francesco mette il dito nella piaga: «A questo proposito, riferendomi all’Enciclica Laudato si’, desidero in particolare richiamare l’attenzione di tutti, cittadini, responsabili del Paese, partner internazionali e società multinazionali, sulla loro grave responsabilità nello sfruttamento delle risorse ambientali, nelle scelte e nei progetti di sviluppo, che in un modo o nell’altro influenzano l’intero pianeta». L’ultimo appello è alla comunità internazionale, «qui rappresentata dal corpo diplomatico e dai membri di varie missioni delle Organizzazioni internazionali». Il Papa scandisce: «Li incoraggio vivamente a proseguire sempre più sulla strada della solidarietà, auspicando che la loro opera, unita all’azione delle Autorità centrafricane, aiuti il Paese a progredire soprattutto nella riconciliazione, nel disarmo, nel consolidamento della pace, nell’assistenza sanitaria e nella cultura di una sana amministrazione a tutti i livelli».