19 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

Unioni civili

di Massimo Franco

Costringere l’idea della famiglia in schemi troppo integralisti contraddirebbe i suoi stessi insegnamenti

Non è strano che il Papa abbia invitato a non fare confusione tra «la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione». Semmai, è singolare la sorpresa con la quale sono state accolte le parole dette ieri da Francesco durante l’incontro con il Tribunale della Sacra Rota. A una settimana dalla manifestazione del Family Day, il suo intervento è stato considerato a favore degli organizzatori. Eppure non poteva essere che così. In Vaticano la legge che sta prendendo corpo in Parlamento e sarà discussa in Senato a partire dal 28 gennaio è vista come una forzatura. Una misura contro la quale non alzare barricate né lanciare anatemi, perché i vertici dell’episcopato hanno accettato mentalmente le unioni civili tra omosessuali.
Il contorno del provvedimento, però, soprattutto per i margini di ambiguità che lascia in materia di adozione dei bambini, è visto come frutto di un’operazione ideologica. E, per quanto la Chiesa, intesa come ecclesiastici, abbia cercato di evitare che una manifestazione di piazza potesse assumere il carattere dello scontro, alla fine ha dovuto «seguire». È come se la base cattolica avesse interpretato la riforma voluta dal governo, e definita ieri «irrinviabile» da Matteo Renzi, come una sorta di provocazione para referendaria. Ed ha risposto con una scelta di piazza che prefigura due campi contrapposti. L’avversario non è tanto quello della mobilitazione in cento piazze che organizzano per oggi Arcigay, ArciLesbica, Agedo, Famiglie Arcobaleno e Mit. La controparte è il Parlamento, dove il premier vuole far approvare un emendamento che faccia decadere subito tutti quelli contro la legge «firmata» da Monica Cirinnà.

L’adesione al Family Day di una conferenza episcopale regionale dopo l’altra racconta come le gerarchie cattoliche siano state trainate a assecondare l’iniziativa. E come il Papa abbia voluto offrire un’ imprimatur discreto ma convinto a una folla della quale conosce le intenzioni e le pulsioni: anche a costo di ascoltare parole d’ordine difensive, dure, e che non riflettono la sua pedagogia inclusiva e la sua idea della Chiesa. Proprio ieri, salutando in un messaggio i partecipanti alla Cinquantesima giornata mondiale della comunicazione, Francesco ha invitato a esprimersi con generosità «anche nei riguardi di chi pensa o agisce diversamente».
Si tratta di un accenno che rimanda alle parole dette in tema di famiglia verso «quanti per libera scelta o per infelici circostanze della vita vivono in uno stato oggettivo di errore». Le parole sono nette e insieme problematiche. Lasciano capire perché il Papa non voglia e non possa tenere la Chiesa a distanza dal Family Day; e, al tempo stesso, perché preferisca che sia il laicato cattolico a guidare la manifestazione. Pesano il passato delle battaglie referendarie perdute su divorzio e aborto; il presente di una situazione politica avvelenata, nella quale Papa e vescovi rischiano seriamente di essere strumentalizzati; e una concezione della famiglia e dei valori cattolici, che il pontefice argentino forse vorrebbe meno «all’italiana».
Gli stendardi delle delegazioni di regioni come Lombardia e Veneto, che hanno annunciato la presenza al Family Day, saranno guidate da esponenti della Lega Nord: rispettivamente Roberto Maroni e Luca Zaia. La destra di Giorgia Meloni sostiene che le parole di Francesco dovrebbero essere «di monito al Parlamento». E il sindaco di Bologna Virginio Merola, del Pd, tradisce una punta di freddezza verso l’arcivescovo della città, monsignor Matteo Zuppi, scelto da Bergoglio, il quale ha detto, all’unisono col presidente della Cei, Angelo Bagnasco, che la legge sulle unioni civili non è una priorità. Insomma, il tentativo delle opposizioni a Renzi di usare il Family Day per attaccare Palazzo Chigi è evidente.

Altrettanto chiaro è che al Vaticano di Francesco un’operazione strumentale di questo tipo non piace. Per due motivi. Il primo è che l’attuale Papa, forse più ancora dei predecessori, non nasconde il fastidio per le ingerenze ecclesiastiche nella politica. Ritiene che una delle ragioni per le quali la Chiesa in Italia avrebbe perso credibilità è stata un’eccessiva contiguità col potere. Ma la seconda ragione, la più importante dal punto di vista culturale, è che costringere l’immagine della famiglia dentro schemi troppo integralisti contraddice gli insegnamenti e gli obiettivi del pontefice latinoamericano. Un «no» troppo gridato, da muro contro muro, a quanti il Papa definisce «in uno stato oggettivo di errore», può aprire la strada a altri rifiuti, più pericolosi.
La famiglia-fortezza prometterebbe di trasformarsi nel baluardo della difesa dei valori cristiani anche contro gli immigrati; e dunque di contribuire ad una lettura «autarchica», blindata e potenzialmente xenofoba del cattolicesimo. È questa la seconda fase che un Family Day declinato in modo integralista potrebbe aprire. Il Papa dei «ponti», il nemico giurato dei muri e delle barriere, si ritroverebbe a dover governare un mondo cattolico italiano e europeo che dalla protezione della «famiglia cristiana» scivola verso quella dell’«immigrazione cristiana» e anti islamica. E pazienza se in una deriva del genere pesano soprattutto gli errori e le forzature del governo e dei suoi avversari. Il risultato sarebbe comunque quello di una regressione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *