Queste sono le esperienze di alcuni fra i 35mila 15-30enni che ogni anno da 40 Paesi partecipano alle attività dell’European Youth Parliament. Obiettivi: diritti, equità, ambiente. «Un impegno che apre la mente e potrebbe diventare un lavoro»
«A Budapest quest’anno una ragazza armena ha raccontato che partecipare a un nostro evento è stata, per lei, la prima vera occasione di dialogo con dei cittadini azeri. Grazie ai giorni passati insieme, ha superato i suoi pregiudizi, iniziando a sperare in un futuro di pace», racconta Ludovica Formicola, riferendosi al conflitto tra Armenia e Azerbaijan, che è recentemente tornato ad acuirsi nel Caucaso. «Non era la prima volta che sentivo un racconto come questo, ma – prosegue – credo racchiuda in sé lo spirito delle nostre iniziative». L’evento in questione è uno dei tanti incontri promossi dal Parlamento Europeo Giovani (European Youth Parliament – Eyp), un’organizzazione non profit che opera in tutta Europa dal 1987. Formicola, che è nata a Trieste dieci anni dopo, oggi ne è la presidente del consiglio direttivo internazionale. «Il nostro obiettivo è formare una nuova generazione di cittadini informati, aperti, responsabili», spiega. Ogni anno, in quaranta Paesi, la rete dell’Eyp coinvolge oltre 35mila giovani tra i 15 e i 30 anni, che si confrontano su grandi temi d’attualità. «Ho partecipato al primo incontro quando ero sedicenne e mi ha aperto la mente in un modo che non avrei mai potuto immaginare», ricorda Formicola.
Alle sessioni del Parlamento Europeo Giovani, i partecipanti vengono divisi in commissioni, a cui viene assegnato un tema ambientale, economico o sociale da approfondire. Il processo, che può essere organizzato a livello regionale, nazionale o internazionale, dura dai tre agli otto giorni, avviene in un ambiente favorevole al confronto e porta a formulare proposte di riforma delle politiche europee, che vengono dibattute in un’assemblea plenaria conclusiva. La procedura simula quella del Parlamento europeo, ma l’organizzazione non ha rapporti formali con l’Unione Europea e, anzi, coinvolge anche i giovani di Stati che non ne fanno parte, come appunto Armenia o Azerbaijan.
Per quanto non formali, però, i legami con l’Unione Europea ci sono ed è a Bruxelles che l’Eyp guarda, con entusiasmo, ma anche spirito critico. «Io – riprende Formicola – sono immersa in una realtà in cui si crede molto ai valori europei, ma tanti giovani non vedono possibilità di miglioramento e nutrono diffidenza e disillusione verso le istituzioni Ue». Per combattere questi sentimenti l’Unione Europea ha definito il 2022 l’Anno europeo dei giovani perché, ha spiegato la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen, «la nostra Unione deve avere un’anima e una visione in cui i giovani possano credere». Secondo un sondaggio dell’Eurobarometro ciò che i giovani europei chiedono all’Ue è di garantire la pace (37 per cento delle risposte, che potevano essere multiple), aumentare le opportunità di lavoro (33), combattere povertà e disuguaglianze (32). I giovani italiani non fanno eccezione, ma mettono il lavoro al primo posto e la pace al secondo.
«Nell’Unione Europea ci sono molte cose che non funzionano, questo è innegabile. Va promosso il miglioramento: l’obiettivo dovrebbe essere cambiare le istituzioni Ue dall’interno», commenta ambiziosa Formicola. Oggi, dopo una laurea, un master e diversi periodi di studio all’estero, sta studiando al Collegio d’Europa di Bruges, in Belgio, l’istituto dal quale escono numerosi funzionari delle istituzioni Ue. È la strada che vorrebbe seguire anche lei. «Il Parlamento Europeo Giovani mi ha fatto scoprire la passione per questo ambiente. È grazie a questa esperienza che ho intrapreso il mio percorso di studi», spiega. Quello che oggi fa per volontariato, Formicola vorrebbe trasformarlo in un lavoro. Non è la sola tra i giovani di Eyp. Anche Micaela Lai, volontaria della sezione italiana, ha partecipato alla prima sessione quando aveva quindici anni e ora studia scienze internazionali e istituzioni europee all’Università degli studi di Milano. «Il Parlamento Europeo Giovani mi ha fatto trovare la mia strada: so che è difficile, ma sogno di diventare diplomatica», spiega. Spesso però le istituzioni europee sono accusate di essere difficilmente accessibili ai meno abbienti e poco aperte alla diversità. All’Eyp, per evitare di replicare gli stessi problemi, provano ad adottare alcune strategie.
La prima è il coinvolgimento delle scuole: i partecipanti agli eventi vengono reclutati attraverso una rete di istituti superiori in tutta Italia, facendo quindi conoscere la possibilità non solo tra i ragazzi già interessati alla politica. La seconda è limitare il più possibile i costi di partecipazione agli incontri. «Chiediamo di pagare una quota associativa minima e il viaggio mentre vitto e alloggio sono tutti a carico nostro. Per questo facciamo raccolta fondi», continua Lai che, insieme a Francesca Saletta, sta organizzando l’assemblea annuale italiana dell’associazione in programma dal 28 al 30 ottobre a Milano. L’assemblea servirà per fare un bilancio dell’anno passato e, soprattutto, per organizzare le attività di quello nuovo: tra marzo e novembre 2023 Eyp ha in programma sessioni a Sassari, Genova, Trieste, Venezia, Ragusa e Orvieto. Inoltre i ragazzi italiani posso candidarsi per partecipare anche a tutte le iniziative in programma nel resto del continente.
Contro l’astensionismo
Tante occasioni, quindi, per avvicinare i giovani all’Europa, ma anche alla politica più in generale, in un contesto di elevato e crescente astensionismo. Come ha spiegato Dataroom, nel 1992 l’astensione dei 18-34enni era al nove per cento, nel 2018 era al 38 per cento e anche nell’ultima tornata elettorale si è confermata su livelli molto preoccupanti. Il fenomeno è complesso, ma attività che educano alla cittadinanza attiva come quelle di Eyp potrebbero aiutare a invertire la tendenza. «Spingiamo sempre i giovani a informarsi e a farsi un’opinione politica, ancora prima che votino, già a quindici o sedici anni», commenta Formicola. «Incoraggiamo i giovani ad utilizzare il pensiero critico per migliorare la propria realtà. Il voto – conclude – è il primo modo di influenzare il proprio futuro».