Fonte: La Stampa
di Ilario Lombardo
Il presidente del Consiglio si allinea totalmente a Mattarella sul dialogo con l’Unione europea. Gli imprenditori in Vietnam preoccupati per lo scontro del governo italiano con Bruxelles
Qualcuno azzarda anche un nome provvisorio ma solo per scherzarci su. Il “Pi”, il “Partito istituzionale” annovera come virtuale tessera numero uno quella di Giuseppe Conte. Resta un gioco. E, per il momento, non è nient’altro di più anche il sondaggio di Antonio Noto che per la prima volta dà una sostanza numerica a un eventuale partito del premier. Un 12% non travolgente che si comporrebbe di voti strappati a sinistra (Pd e +Europa) e a un pezzo di M5S. Niente dalla destra di Matteo Salvini. Informato dal suo staff, mentre è in viaggio ufficiale ad Hanoi, il presidente del Consiglio non proferisce parola a riguardo. I bacini di provenienza confermano la fisionomia politica di Conte, impegnato a non affossare il dialogo con Bruxelles e a tamponare la faida populista del governo che comunque ha accettato di presiedere. E la sua linea sull’Europa, più in asse con le raccomandazioni del Quirinale, raccoglie una platea di sostegni anche dagli avversari.
Così quello che sarebbe stato un semplice dettaglio a margine può diventare una suggestione. Durante il ricevimento all’Hanoi Museum, Conte ha chiacchierato con l’ex premier Pd Enrico Letta, in Vietnam come presidente dell’Associazione Italia-Asean (la sigla che raggruppa i Paesi in forte crescita del Sud est asiatico). Scambi di battute e cordialità (c’era anche l’ex ministro Maurizio Lupi, costretto a mettere a carico della Camera il costo del viaggio perché, pare, Conte non ha voluto dargli un passaggio sull’aereo di Stato). Il destino ci ha messo del suo a far incontrare proprio ora il premier con il predecessore scalzato da un ribaltone interno. Sullo sfondo la minaccia di una procedura di infrazione incombe come il cielo che partorisce monsoni improvvisi sopra Hanoi. Letta ha ammesso di «apprezzare» lo sforzo di Conte per garantire la stabilità italiana dei conti nel quadro europeo e lo spirito di contenimento rispetto a Salvini. Già due settimane fa, alla Fondazione Aristide Merloni, Letta ha avuto modo di complimentarsi sulla Via della Seta, per la scelta di Conte di mantenere lo sguardo rivolto ad Est, nonostante la Lega. Il viaggio ad Hanoi è un’altra tappa di questo investimento: «La sua presenza dà una marcia in più all’evento e rende possibile» parlare di «sistema Italia» dice Letta al summit del III Dialogo economico tra Italia e Asean. Qui ci sono 400 imprenditori italiani che hanno voglia di capire se Salvini fa sul serio oppure no. Perché le sanzioni Ue fanno paura.
Letta è scettico sul voto anticipato. Per esperienza sostiene – lo ha detto anche qui in Vietnam – che è difficile sciogliere un Parlamento. Il premier in cuor suo, invece, non crede più che la legislatura durerà fino al 2023. Arrivare al 2020 è forse l’obiettivo più a portata. Chi lo frequenta ogni giorno continua a sostenere che in questo clima di terremoto politico imminente, l’avvocato divenuto premier non nutre velleità particolari «alla Mario Monti». Semmai sta lavorando su un orizzonte diverso, di preservazione, nell’idea magari di essere considerato una potenziale «riserva della Repubblica». Perché è così che i suoi uomini lo percepiscono, quelli che non si fanno cullare dai sogni di vederlo come candidato premier del M5S, contro Salvini. Lui, in verità, tra smentite a singhiozzo, un po’ lascia fare. Sorride quando gli dicono che potrebbe essere alla testa di un’operazione che, in questa legislatura o in una prossima, farebbe da ponte tra M5S e Pd.
Ieri Salvini e Di Maio si sono visti da soli mentre Conte era di ritorno. La conferenza stampa dell’ultimatum ai due vice ha ridefinito un ruolo che ambisce a rappresentare una terza via, sostenuta dal negoziato con l’Europa, mentre il partito che lo ha voluto a Chigi , dopo la batosta elettorale, va alla ricerca di una nuova identità.