20 Settembre 2024

Fonte: Huffington Post

Luigi di Maio

di Lucia Annunziata

Luigi Di Maio negli ultimi mesi è stato coccolato, complimentato, conteso dai vari talk shaw politici, invitato a seminari ed eventi, inseguito dai giornali, apprezzato da tutti i luoghi di potere – ambasciate o istituzioni che fossero – e ha parlato dove e come voleva e alle condizioni che dettava. Il suo volto e lo spazio che ha raccolto nei media è secondo solo a quello di Matteo Renzi e di Maria Elena Boschi. Abbiamo invece appreso ieri, davanti a una piazza del suo partito, e di fronte al suo leader Beppe Grillo, che tutta l’ingarbugliata vicenda Roma, i suoi errori, di cui per altro ha chiesto scusa, altro non sono che casi montati dai media.
È possibile che abbia ragione. Tuttavia, vista la sua prominenza su questi media, varrebbe forse la pena che facesse una più precisa denuncia e ci dicesse esattamente quali media stanno complottando contro di lui e il suo movimento. Così, tanto per sapere, no?, visto che la regola che i cittadini debbano essere informati rimane uno dei pilastri ideologici del movimento.
Una identica extra-richiesta di spiegazioni andrebbe fatta alla Sindaca di Roma Virginia Raggi. Ha scaricato tutti eccetto l’assessore Muraro che ha tenuto in nome del principio garantista “saranno i magistrati a decidere cosa succede”. Il garantismo entra così nel Pantheon delle convinzioni politiche dei pentastellati o si tratta solo di un paio di parole a vuoto per fornire una via d’uscita alla Raggi? Facciamo nel frattempo notare che Virginia Raggi non ha il problema di sapere cosa diranno i giudici sul caso Muraro; ha il problema di spiegare ai suoi e a chi l’ha votata perché non ha detto dell’inchiesta, perché ha mentito per coprire le menzogne dell’assessore. E non ha il problema solo di mandare via, come ha fatto, i suoi collaboratori “sbagliati” ma di farci capire i criteri per cui li ha scelti al primo giro e perché li manda via ora.
Così Di Maio. Sono fra i suoi estimatori ma la sua uscita sul palco di Nettuno l’ho trovata triste. Se fosse, come dice di essere, co-responsabile del pasticciaccio, chiedere scusa ai propri militanti è un atto giusto, ma non è un atto politico. Per un politico come lui non aver capito il senso di una mail è una confessione di incapacità, incompatibile con il suo ruolo di leader al vertice di una organizzazione. Accettato il perdono, Di Maio dovrebbe dimettersi dal Direttorio nazionale.
Potrei continuare, ma bastano queste poche osservazioni per rendere ovvio quello che è successo: alla fine di questo giro, il risultato paradossale è che tutti pagano pegno, proprio tutti, eccetto il Sindaco e Di Maio. Un atteggiamento molto diverso dal rigore, dalle condanne che hanno portato negli anni a espulsioni di militanti e sindaci (Pizzarotti, per tutti) per violazioni molto meno gravi dell’etica del movimento.
Al contrario Grillo e il gruppo dirigente nazionale hanno questa volta scelto il gioco delle parole e delle immagini per creare una messa in scena -un po’ di autocritica maoista, un po’ di lacrime, un pizzico di garantismo, e una buona dose di “vaff….” tanto per rinverdire le memorie dei tempi ruggenti- un mix che soddisfacesse emotivamente i propri militanti ma senza davvero fornire nessun chiarimento. Mirata in realtà solo a salvare il Sindaco e il Direttorio nazionale, per non destabilizzare Roma, e il movimento.
Forse qualcosa di più Grillo dovrebbe dirci in merito. Visti anche i segnali di scontento che continuano a emergere dentro i pentastellati, a partire dalla dissoluzione del Direttorio romano. “Quer pasticciaccio brutto” del Campidoglio, direbbe Gadda, non è stato affatto dipanato.

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