19 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Aldo Cazzullo


Ha conquistato la sinistra italiana, in tre mesi l’ha portata al massimo storico, in tre anni al minimo: solo al Bomba poteva riuscire. Di leader la sinistra ne ha bruciati tanti; ma nessuno come lui ha fatto tutto da sé, prima infiammandosi poi ustionandosi. Matteo Renzi ha rivelato qualità e difetti straordinari. All’inizio è stato vissuto come un alieno, un estraneo, un usurpatore; ma è stato amato o almeno tollerato perché vinceva. Lui si è fidato troppo di se stesso, si è fatto troppi nemici, e ha potuto consentirselo fino a quando ha avuto il Paese dietro. Ma il renzismo non è finito stanotte; era finito il 4 dicembre 2016, con la sconfitta per 60 a 40 nel referendum.
«Matteo farebbe meglio a sparire. Andare in America. Farsi dimenticare. Lasciare che la sinistra vada a sbattere. Dopo lo richiameranno». Se avesse seguito il consiglio di un mentore della prima ora, Oscar Farinetti, non sarebbe finita così. Invece Renzi si è incaponito. L’energia mostrata nella conquista del partito e di Palazzo Chigi, nell’operazione 80 euro e nella riforma del lavoro, l’ha impiegata nell’autodistruzione. Il suo agonismo si è ritorto contro se stesso. Renzi, come Berlusconi, è capace di grande empatia; ma a differenza di Berlusconi, che vorrebbe essere amico di tutti, Renzi si nutre del nemico, ne ha bisogno per trarne linfa e motivazione. L’ultima prova è stata la stesura delle liste. Qual è il compagno di gioventù di Gentiloni? Realacci? Bene, Realacci è fuori. Qual è l’uomo più vicino a Minniti? La Torre? Fuori pure La Torre. Come a dire: qui comando io, sino alla fine.
Non è la scissione di Liberi e uguali a sancire stasera la sconfitta di Renzi. Che ci fosse spazio alla sua sinistra era nelle cose, e un po’ anche nei suoi schemi. Renzi però ha visto crollare i due veri cardini della sua strategia: ereditare una parte dei voti di Berlusconi; ed erodere il bacino antipolitico di Grillo. Ha perso consensi nei ceti popolari e tra categorie scontente delle sue riforme, come gli insegnanti, senza conquistare il centro. E vede stanotte i grillini, che ha sempre considerato il vero avversario, al massimo storico. Le spiegazioni potrebbero essere infinite. Anche i partiti storici della sinistra europea, dall’Spd tedesca al Psoe spagnolo, sono precipitati al 20%; i socialisti francesi e quelli greci anche più giù. Ma lo stress emotivo che nel bene e nel male Renzi ha imposto all’opinione pubblica italiana è tale, che la sconfitta di stasera diventa inevitabilmente sua. La stessa popolarità di Gentiloni, di cui in un anno di governo non si ricorderà un gesto o una parola, si spiega solo con il fatto di non essere Renzi. È un verdetto forse ingiusto, certo spietato; ma in democrazia è l’unico che conta.

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