23 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

di Marco Bresolin

Via libera alla mediazione tedesca sulle regole, resta il nodo dei tempi. Mes più lontano, Gualtieri: «Spread giù, è come se lo avessimo usato»

«Siamo pronti a mettere da parte le nostre richieste di cambiamento per accettare questo compromesso che mi sembra equilibrato». Durante la riunione dell’Ecofin, il ministro Roberto Gualtieri ha accantonato le obiezioni avanzate nelle riunioni preparatorie dal governo italiano sul nuovo regolamento della “Recovery and Resilience Facility”, lo strumento che è il cuore del Recovery Fund. Troppo alto il rischio di rimanere impigliati in un braccio di ferro con i Paesi nordici, meglio accontentarsi della proposta di mediazione tedesca e procedere spediti. Visto che di ostacoli da superare ce ne sono ancora molti e il rischio di ritardare la partenza del piano è sempre più alto.
E così, al termine della riunione, il titolare del Tesoro si è detto «soddisfatto» per il «compromesso positivo». Il testo scritto dalla presidenza tedesca è stato approvato a maggioranza qualificata: contrari i Paesi Bassi, l’Irlanda e il Lussemburgo. Ora dovrà essere negoziato con il Parlamento Ue. Tra le novità inserite ce ne sono alcune che piacciono all’Italia (si chiarisce che l’anticipo del 10% a disposizione nel 2021 sarà sul totale delle risorse) e altre che invece Roma ha cercato di respingere, come l’esplicito riferimento alla necessità di rispettare le raccomandazioni sui conti pubblici. Appare piuttosto stringente anche la data entro la quale dovranno essere completati gli investimenti e tutte le riforme del Recovery: c’è tempo solo fino al 31 agosto 2026.
Ma Gualtieri vede il bicchiere mezzo pieno. Ieri ha spiegato che il Recovery Plan italiano avrà un valore di 205 miliardi di euro: più di 80 arriveranno sotto forma di sovvenzioni, il resto attraverso prestiti. Potenzialmente l’Italia avrebbe a disposizione più di 120 miliardi di euro di “loans”, ma la Commissione dovrà valutare la richiesta per verificare che l’ammontare sia «ragionevole e plausibile in base alle riforme e agli investimenti in linea con i criteri» fissati dal regolamento. Nulla è scontato.
L’Italia ha però intenzione di chiedere tutti i prestiti (che serviranno a finanziare, per esempio, l’ecobonus del 110%), anche se questo comporterà un notevole incremento del debito. L’altro giorno Paolo Gentiloni ha spiegato che il debito nei confronti della Commissione non avrà un trattamento speciale, ma sarà considerato alla pari di quello contratto con i mercati. L’Italia dovrà dunque convincere Bruxelles che il ricorso a questa mole di prestiti non avrà impatto sulla sostenibilità del proprio bilancio: il testo approvato ieri contiene infatti un esplicito riferimento alla necessità di rispettare le raccomandazioni sui conti pubblici, oltre che quelle sugli squilibri economici.
La strategia del governo sembra allontanare l’ipotesi di un ricorso al Mes: ieri Gualtieri ha detto che «è come se l’avessimo usato» perché la semplice esistenza di questa linea di credito «ha contribuito a ridurre gli spread». E poi, ha aggiunto, «questa linea di credito non scade, ci sono due anni di tempo». Nessuna fretta, quindi. Un chiaro messaggio a chi, nel Pd, preme invece per attivarlo.
Confermati i tempi e le procedure per l’esame dei Recovery Plan nazionali: due mesi per il giudizio della Commissione e uno per quello del Consiglio. Anche per il monitoraggio delle spese la Commissione «dovrà tenere conto» del parere del Consiglio Ue, che arriverà in un secondo momento: l’Italia avrebbe preferito una valutazione in parallelo per accelerare i tempi e un giudizio dei governi meno vincolante. Il Consiglio Ue si esprimerà a maggioranza qualificata, ma un Paese potrà attivare il cosiddetto “freno d’emergenza” che bloccherà per tre mesi l’erogazione dei fondi e porterà il caso al tavolo dei leader Ue.

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