Fonte: Corriere della Sera
di Danilo Taino
Gli investimenti aggregati cinesi in Europa sono solo il 5% di quelli totali, nonostante il rilievo che il presidente Xi Jinping dà alla politica espansiva della Belt and Road Initiative: si tratta di circa 200 miliardi rispetto a uno stock di 1.800 miliardi di provenienza americana.
Come dobbiamo guardare, noi europei, la Cina? Con gli occhi dell’economia, come abbiamo fatto durante gli scorsi decenni, oppure con quelli della politica? E i Paesi della Ue hanno tutti lo stesso punto di vista oppure la Germania di Angela Merkel è l’anomalia, viste le sue intense relazioni con Pechino? Ovviamente, la potenza economica cinese è grande: tra il 2000 e il 2019, il volume del suo interscambio con la Ue è aumentato di cinque volte, a 560 miliardi di euro, secondo uno studio pubblicato martedì scorso dal Mercator Institute for China Studies (Merics), il maggiore think-tank europeo (tedesco) focalizzato sull’Impero di Mezzo. La Cina è ora il secondo partner commerciale dell’Europa, dopo gli Stati Uniti. L’iperbole degli scorsi anni sul suo peso economico va però relativizzata, dice Merics. Gli investimenti aggregati cinesi in Europa sono solo il 5% di quelli totali, nonostante il rilievo che il presidente Xi Jinping dà alla politica espansiva della Belt and Road Initiative: si tratta di circa 200 miliardi rispetto a uno stock di 1.800 miliardi di provenienza americana.
Anche nell’import-export le merci e i servizi sono maggiori sulla rotta transatlantica che su quella eurasiatica: circa 600 miliardi contro mille; in particolare le esportazioni dei Paesi Ue verso la Cina sono il 2,4% di quelle totali, quelle verso gli Usa il 5,7% (il 67% è interno al mercato unico): la sola eccezione è l’export della Bulgaria. Nel quadro dei Paesi Ue, la Germania si stacca però da tutti gli altri, in ragione della diplomazia economica impostata da Merkel sin dal 2005. Il 48,5% dell’export della Ue verso il gigante asiatico è tedesco: 4,6 volte di più di quello francese, che è il secondo. E nel trimestre aprile-giugno del 2020 la Cina è diventata per la prima volta il maggiore mercato di esportazione per le imprese della Germania, più importante anche di ogni altro mercato europeo. In una fase nella quale, quando si tratta con Pechino, le ragioni della geopolitica confliggono con quelle dell’economia, la vicinanza commerciale della Germania alla Cina può dunque essere un freno alle scelte europee. Vista la svolta autoritaria e aggressiva di Xi, anche Berlino dovrebbe però relativizzare il senso di dipendenza della Ue dalla Cina: le minacce di Pechino di infliggere punizioni economiche per ragioni politiche hanno pochi denti: «Sono raramente più che retorica», nota Merics.