Fonte: Corriere della Sera
di Stefano Passigli
Anche se le forze politiche non trovassero un accordo, è comunque impossibile che l’Italicum passi indenne il vaglio della Consulta. La soluzione migliore è forse
un ritorno ad un Mattarellum modificato
Dopo le critiche di Giorgio Napolitano all’Italicum, è oramai probabile che la legge elettorale cambierà. Ma come? E quando? Interrogativi cruciali perché al di là della sua dichiarata disponibilità a modificarla, Renzi ha affermato che il Pd non avanzerà proposte, mentre i suoi alleati centristi si limitano a chiedere — per sopravvivere — che il premio di maggioranza sia dato non alla lista ma alla coalizione vincente.
L’esito è incerto, ma anche se le forze politiche non trovassero un accordo, è comunque impossibile che l’Italicum passi indenne il vaglio della Consulta, a meno che essa non rovesci l’orientamento espresso bocciando il Porcellum. Lo status privilegiato dei capilista, e le candidature plurime, introducendo una diversità di status tra candidati di una stessa lista in uno stesso collegio violano infatti platealmente il diritto dei cittadini di «accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza» (Art. 51). Più dubbio è il caso del premio di maggioranza: concedere il 54% dei seggi ad un partito che al primo turno non supera oggi 1/3 dei voti espressi, rappresentando così solo il 20% circa dei cittadini, crea una indubbia lesione della rappresentatività del Parlamento che la Corte potrebbe dichiarare illegittima. E’ però vero che in sede di ballottaggio la lista vincente otterrebbe pur sempre la maggioranza dei voti espressi. Alla Corte dunque l’ardua sentenza.
Anche se il premio di maggioranza fosse riconosciuto legittimo, il governo, che sull’Italicum ha posto la fiducia, e il Pd, che per assicurarne il passaggio in Commissione non ha esitato a sostituire una dozzina di propri membri, non avrebbero però ragione di gioire. E’ infatti certo che in una situazione tripolare saranno gli elettori dei partiti esclusi dal ballottaggio a scegliere il vincitore; e il risultato nelle amministrative di 19 ballottaggi su 20 mostra quanto rischioso sia per l’attuale maggioranza affrontare un confronto al secondo turno con i 5 Stelle. L’attribuzione di un abnorme premio di maggioranza non garantisce insomma chi lo ha voluto. Né la situazione cambierebbe con un premio alla coalizione, che potrebbe soddisfare Alfano e Verdini ma tradursi in una perdita di voti per il Pd e in una sconfitta della coalizione.
Alla luce di queste considerazioni è evidente che per assicurare un equilibrio tra rappresentatività e governabilità è necessario che Renzi abbia il coraggio di superare l’Italicum e proporre un radicale cambiamento della legge elettorale. Contrariamente a quanto i più credono, il ricorso a sistemi maggioritari non è infatti garanzia di governabilità. Le proposte non mancano: i 5 Stelle — che pur dall’Italicum avrebbero un deciso vantaggio — hanno proposto una proporzionale corretta. Anche se va sfatato il luogo comune che a leggi proporzionali corrispondano governi deboli e instabili — come mostra la Germania, ove l’istituto della «sfiducia costruttiva» (inspiegabilmente dimenticato nella proposta di riforma) ha assicurato il governo più stabile d’Europa — è probabile che in Italia il ritorno alla proporzionale si tradurrebbe in rinnovati governi di grande coalizione. In Germania, in Inghilterra, e nelle cosiddette piccole democrazie (Olanda, Scandinavia), classi politiche responsabili hanno mostrato che in situazioni di emergenza forze politiche tradizionalmente contrapposte possono governare assieme con efficacia; in Italia invece è probabile che la qualità della nostra classe politica non garantirebbe a governi di grande coalizione un analogo risultato.
In questa situazione la soluzione migliore è forse un ritorno ad un Mattarellum modificato. Se ai 475 collegi ivi previsti — che grazie al premio implicito nei sistemi maggioritari sovra-rappresenterebbero il partito più forte — si aggiungesse un premio di 90 seggi per i migliori perdenti del partito vincitore nel maggior numero di collegi, 12 seggi per l’estero, e 53 seggi come diritto di tribuna per i partiti minori, otterremmo governabilità e rappresentatività senza le forzature dell’Italicum. E una classe politica di ben migliore livello. Per una simile legge vi sarebbe una sicura maggioranza alla Camera, ma anche al Senato ove con l’attuale Costituzione il premier può ancora ricorrere alla fiducia. Delle riforme istituzionali il premier ha fatto la questione centrale della nostra vita politica, concentrando su di essa l’attenzione della pubblica opinione, a scapito delle realizzazioni del governo in altre aree e dividendo profondamente il Paese. La vera forza di un leader sta invece nella sua capacità di aggregare un reale consenso, non nel vincere grazie a leggi elettorali che possono garantire una maggioranza in Parlamento ma non nel Paese. E’ auspicabile che Renzi, nell’attuale situazione di gravi tensioni economiche e internazionali, sappia correggere quelle scelte istituzionali che mettono a rischio l’unità del Paese.