23 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

di Fabio Martini

Una metamorfosi che era in corso da giorni. Alla fine il primo ministro riabilita anche il lavoro di Letta

L’ultimo giorno, proprio l’ultimo, Paolo Gentiloni si è sbloccato. Sciorinando inaspettatamente una raffica di battute “fuori linea”, il presidente del Consiglio ha lanciato un messaggio, un messaggio inatteso: io resto leale con Matteo Renzi, ma su diverse questioni importanti non la penso come lui. Un messaggio politico che, durante la lunga conferenza stampa di fine anno non si è mai concretizzato in una battuta direttamente ostile all’ex premier, ma si è dispiegato in diverse punzecchiature in codice. Scandite con uno stile brillante, auto-ironico, più rilassato del solito.
Come la battuta sullo scioglimento anticipato delle Camere. Nei giorni scorsi Matteo Renzi aveva detto che per il Pd sarebbe stato meglio se la legislatura si fosse conclusa a giugno e Gentiloni, senza fare riferimento all’esternazione renziana, ha testualmente detto: «Sarebbe stato grave e devastante arrivare a interruzioni traumatiche della legislatura». Proprio così ha detto: devastante. Una specie di urlo nel placido lessico gentiloniano. Parlando invece della Commissione Banche, fortemente voluta da Renzi, il presidente del Consiglio ha fatto ricorso al suo proverbiale humour: «Vi devo dire che con sollievo ho registrato la fine delle audizioni…».
Nei centotrentacinque minuti della conferenza stampa di fine anno è dunque proseguita una metamofosi del personaggio Gentiloni che era in corso da diverse settimane. Certo, lo stile dell’uomo resta quello di sempre e difatti durante l’incontro con i giornalisti il presidente del Consiglio ha dispiegato il consueto garbo, è stato attentissimo a non attaccar briga. Mostrandosi anti-retorico e minimalista: «Siamo fra i quattro o cinque giganti mondiali dell’export. A volte, come si dice a Roma, `nun ce se crede´, però è così; dovremmo tutti esserne più consapevoli». Come dire: con questo boom il governo c’entra poco e niente.
Uno stile da anti-eroe che ad un certo punto si è concretizzato in una battuta che di solito nessun presidente del Consiglio ha il coraggio di pronunciare: «La politica deve avere un certo ritegno nel considerare la ripresa economica del Paese come frutto di questa o quella iniziativa. L’Italia si è rimessa in piedi grazie soprattutto all’impegno degli italiani».
Ma in questa orgia di understatement, proprio nell’ultimo giorno della legislatura, Paolo Gentiloni ha liberato una striscia di battute che marcano la differenza tra lui e Matteo Renzi. Oltre a quelle sulla Commissione Banche e sulla gestione del caso-Visco da parte del Pd, durante la conferenza stampa Gentiloni ha dato la sua lettura sulla scissione dal Pd: «Credo ci sia stato un processo di deterioramento dei rapporti e per quanto si dica che in politica contano solo i programmi e le idee, contano molto anche i rapporti tra le persone». Una lettura che equipara i protagonisti delle due barricate e li “inchioda” a motivazioni prevalentemente personali.
E sul futuro? Al riguardo il presidente del Consiglio ha pronunciato una delle sue espressioni anodine, che infatti non ha fatto titolo, ma che in bocca ad un uomo “parsimonioso” come lui, è parsa osè: «Per il momento c’è un premier c’è, che sono io!». Oltretutto il presidente del Consiglio non ha aggiunto la frasetta che al Pd qualcuno poteva aspettarsi: oggi ci sono ma nel futuro torno in “riserva”.
Eppure, la battuta più “discontinua” di tutte, Gentiloni l’ha dedicata ad Enrico Letta: «La legislatura ha dimostrato che in Italia c’è una sinistra di governo a servizio del Paese e questo si è visto nel governo Letta, in quello Renzi e in quello che io ho presieduto». Nel suo racconto, Renzi aveva puntualmente cancellato il governo Letta, quasi che la “rinascita” dell’Italia avesse avuto inizio con l’ascesa a palazzo Chigi dell’ex sindaco di Firenze. Quella di Gentiloni è una prima “riabilitazione”.
Eppure, anche se il presidente del Consiglio non può dirlo, sa bene che il suo futuro dipenderà dalle fortune elettorali del Pd. Ecco perché Gentiloni si è più volte speso per caldeggiare un successo elettorale della «sinistra di governo». Lo sa pure Renzi che ieri sera ha fatto sapere di aver apprezzato le parole di Gentiloni e la sua «forza tranquilla», di non considerlo un rivale e chiedendogli di esporsi in tv in campagna elettorale. Un impegno che il premier prenderà con le molle.

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