22 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Antonio Polito

L’uomo mantiene anche dopo questa sfortunata tornata elettorale una forte empatia con l’opinione pubblica. Ma di nemici se n’è fatti tanti, e ieri non pochi esponenti del centrodestra hanno in segreto festeggiato la sua battuta d’arresto. Dovrà forse considerare qualche correttivo, in una strategia di più lunga durata


Sembra incredibile, ma Matteo Salvini ha commesso lo stesso errore di Matteo Renzi. Cinque anni fa, quando era lui l’uomo forte della politica italiana e svettava nei sondaggi e alle Europee, l’allora leader del Pd si mise in testa di strappare il Veneto alla Lega con una giovane candidata, Alessandra Moretti. Il governatore Luca Zaia la surclassò, prendendo il 50,08%: perché mai gli elettori veneti avrebbero dovuto cambiare la via vecchia per la nuova?
Perché cambiare in una regione efficiente, bene amministrata, baciata dal benessere? Salvini si sarebbe dovuto porre la stessa domanda a proposito degli emiliani e dei romagnoli: perché mai avrebbero dovuto rischiare l’ignoto affidandosi alla Borgonzoni? Per fare un dispetto a Conte? Mah. E infatti Bonaccini ha fatto il bis di Zaia, superando il 50%.
Per giudizio unanime, chiamando come a poker l’«all in» a Bologna, il leader leghista ha insomma trasformato la mezza vittoria elettorale che aveva già in tasca (è storico il risultato del centrodestra nell’Emilia rossa) in una sonora sconfitta politica. E vantando adesso la mezza vittoria («a livello nazionale avremmo stravinto»), rischia solo di rimarcare di più la sonora sconfitta. Ma, si sa, questa era solo una battaglia. Le regionali sono tappe di avvicinamento alle elezioni politiche, che al momento appaiono molto lontane. Salvini è ancora il re nella giungla del consenso, e vuole arrivarci da candidato premier. Ma, paradossalmente, in questa lunga marcia il problema maggiore non gli è venuto domenica dalla sconfitta in Emilia, bensì dalla vittoria in Calabria. Nella regione meridionale si è infatti affermata con grande autorità la candidata di Forza Italia, Jole Santelli, che l’ha strappata al centrosinistra. Ma, ed ecco il punto, la coalizione che l’ha sostenuta non è stata affatto a traino leghista, come in Emilia. Anzi. Il partito di Salvini in Calabria, ottenendo il 12,25%, ha infatti perso nel giro di un anno, dalle elezioni europee a ieri, la bellezza di dieci punti percentuali. Fratelli d’Italia lo tallona con il 10,85%. E il vecchio Cavaliere, sommando le quattro liste che facevano capo a lui e all’area centrista, ne ha quasi triplicato i voti.
Si dirà: poco male, la Calabria fa storia a sé. Sì, però quest’anno si vota in Campania, e anche lì il candidato alla presidenza sarà di Forza Italia. E in Puglia il candidato lo rivendica la Meloni, che ha pure il nome giusto, Raffaele Fitto. La Calabria dunque non è un caso isolato, e pare suggerire che la manovra di sfondamento al Sud di Salvini procede quantomeno a rilento: nel centrodestra ha concorrenti ancora più forti e radicati. Il Mezzogiorno dunque, sempre fanalino di coda nell’agenda dei problemi italiani e soprattutto in quella della Lega, rischia di riprendersi la sua centralità nella cabina elettorale, come del resto era avvenuto due anni fa, quando aveva consegnato le chiavi dell’Italia ai Cinquestelle.
Tutto ciò non impedirà certo a Salvini di essere il candidato premier del centrodestra alle prossime elezioni politiche, quando ci saranno (anche se con il ritorno del proporzionale l’indicazione rischia di avere solo un valore morale). Però, se in mezza Italia resterà minoranza, rischia di non esserne più il dominus: sarà costretto a mettere su una classica coalizione, fatta di trattative, scambi, garanzie. Il sogno dell’uomo solo al comando, che Salvini coltiva fin da quando aveva sperato che il bipolarismo fosse stato sepolto sotto l’alleanza dei due populismi tra lui e Di Maio, dovrebbe cedere il passo a una più tradizionale leadership, auspicabilmente più moderata, ma per lui a libertà condizionata. E così anche il messaggio della sua radicale e irriverente «novità», che fin qui è stato dirompente, si annacquerebbe non poco. L’uomo mantiene anche dopo questa sfortunata tornata elettorale una forte empatia con l’opinione pubblica. Ma di nemici se n’è fatti tanti, e ieri non pochi esponenti del centrodestra hanno in segreto festeggiato la sua battuta d’arresto. Dovrà forse considerare qualche correttivo, in una strategia di più lunga durata. Se non vuole scoprire che, dopo essersi fermato sul Rubicone, per lui diventerà impossibile anche varcare il Garigliano.

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