21 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Alec Ross

In un mondo dominato da America e Cina, la via per competere è camminare con le proprie gambe ed emergere: l’alternativa sarà quella diventare una colonia economica

Una feroce competizione si è scatenata proprio in questi giorni tra gli Stati Uniti e la Cina per il dominio delle industrie future, tra cui il 5G, i supercomputer, la genomica, l’intelligenza artificiale e la robotica. I due contendenti assomigliano a due squadre in una partita di Champions League, pronte a sfidarsi in velocità, forza, creatività e tattica. Sfortunatamente, l’Europa non ha fatto scendere in campo nessuna squadra, e si presenta invece in veste di arbitro che corre su e giù, fischiando i falli e distribuendo cartellini gialli. L’arbitro può influenzare il risultato di una gara — specie se è di parte o poco competente — ma non sarà mai lui il vincitore.
Il quarto di secolo di innovazione e digitalizzazione che va dal 1993 al 2018 ha generato miliardi di euro di ricchezza, che è poi affluita in gran parte verso la costa occidentale degli Stati Uniti. L’America ha vinto, ma negli ultimi anni la Cina si è affrettata a recuperare il terreno perduto, lanciando i suoi motori di ricerca, il suo e-commerce e le sue aziende che gestiscono le reti dei social.
La Cina è decisa a vincere la prossima tornata di innovazione tecnologica e scientifica e oggi sta tentando di esportare il proprio modello di crescita e di governance oltre i confini del suo mercato interno. Il suo modello è di stampo autoritario, sotto il fermo controllo dello stato. L’accesso del governo ai dati delle aziende cinesi è scontato e inoppugnabile. E questo è ovvio, poiché non esiste distinzione tra il settore privato e lo stato.
Il modello americano invece è stato plasmato da tutti quei ventenni le cui start-up si sono trasformate in piattaforme globali che oggi valgono centinaia di miliardi di euro. Apple, Amazon, Google, Facebook e Microsoft sono state tutte fondate da imprenditori che non avevano ancora compiuto 31 anni. La loro cultura li ha sempre incoraggiati a «procedere speditamente e a rompere gli schemi preesistenti». Costoro odiano essere sottoposti a regole e normative e considerano i dati raccolti come di loro esclusiva proprietà, da utilizzare e monetizzare a piacimento.
Anziché scegliere tra il modello autoritario cinese e il modello americano improntato ai giovani innovatori californiani, l’Europa e l’Italia dovranno sviluppare i propri modelli di governance e di crescita per le industrie del futuro. Questo obiettivo può essere raggiunto anche a prescindere da una maggiore integrazione in un’Europa che, nel 2019, appare disallineata con le scelte politiche dei singoli Paesi; e anche rinunciando a fare affidamento ai burocrati di Bruxelles, perché proprio come in un vero campionato di calcio la squadra non deve contare sull’arbitro per ottenere la vittoria. Quattro sono i fattori indispensabili per costruire un modello capace di misurarsi con quello americano e cinese.
Il primo è la visione: occorre una visione capace di infondere all’innovazione, e alla ricchezza che ne deriva, quei valori profondamente e spiccatamente europei a tutela della privacy e dei diritti dei lavoratori, rispettosi del principio di condivisione e redistribuzione dei benefici, respingendo il modello americano e cinese del «chi vince piglia tutto».Il secondo fattore è la capacità competitiva. E questa è la parte più facile per l’Europa. Fate quattro passi tra le aziende della Silicon Valley e incontrerete tanti giovani europei che lavorano a fianco degli americani. Il campus della Apple è in pratica una «Little Italy». L’Europa vanta talenti invidiabili, sia a livello imprenditoriale che tecnico.
Terzo: occorrono investimenti. L’America dispone di ingenti mercati per il capitale di rischio. La Cina offre sovvenzioni statali e un mercato unificato di 1,3 miliardi di consumatori. Nell’ultimo mese, sia la Germania che la Francia hanno annunciato strategie specifiche per favorire gli investimenti in vari settori, tra cui quello dell’intelligenza artificiale, proprio per non dover scegliere tra il modello americano e cinese.
Da ultimo, il quarto fattore è il coraggio di resistere a pressioni e intimidazioni. Il governo americano e quello cinese stanno tentando in ogni modo di fare pressione sui Paesi europei allo scopo di imporre il proprio modello. Macron e Merkel hanno affrontato insieme Xi Jinping, spalleggiandosi a vicenda come farebbero due ragazzini più piccoli e più deboli davanti al bullo del campo giochi, cercando sicurezza nel numero. Dal canto suo, Donald Trump non si degna neppure di promettere amicizia o investimenti: il suo approccio si limita allo scontro aperto e alla minaccia di ritorsioni. I leader francesi e tedeschi cominciano ad afferrare quali sono i veri rischi della colonizzazione economica. Non vogliono veder sventolare bandiere cinesi nelle loro capitali né vogliono sentirsi dominati dai ragazzini miliardari della California. Gli arbitri di Bruxelles possono continuare a infliggere cartellini gialli sotto forma di ammende e ulteriori normative, ma questo non serve a rafforzare le aziende europee. E l’Italia? L’Italia può benissimo fare affari sia con gli Stati Uniti che con la Cina, ma dovrà farlo alle sue condizioni, senza guardare a Washington o a Pechino per assicurarsi rapporti privilegiati capaci di mandare avanti la sua economia per i prossimi dieci o vent’anni. A questo riguardo, non le conviene guardare nemmeno a Bruxelles, Parigi, Berlino, né altrove in Europa. Il futuro economico dell’Italia è in Italia. Il suo talento è tutto qui. Ciò che serve è visione di lungo raggio, investimenti e spirito d’intraprendenza per rilanciare le aziende italiane. Se i giovani americani sono capaci di immaginare e inventare il futuro attraverso le loro start-up, i giovani italiani non sono certo da meno.
Negli ultimi tempi cominciano a farsi strada le tecnologie che alimenteranno lo sviluppo dei prossimi dieci/vent’anni e, come nel caso di Internet, le innovazioni si diffonderanno rapidamente e in modo irreversibile. Questo è il momento di lanciare un modello veramente italiano, capace di emergere e di camminare con le proprie gambe. L’alternativa sarà quella di diventare una colonia economica, in un mondo dominato da America e Cina.

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