23 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Mario Sensini

Prevista anche la sanatoria dei contributi previdenziali e dell’Iva. Tre anni di tempo in più per fare accertamenti su chi non si avvale del condono. Sconti a chi omette la dichiarazione ma non a chi denuncia tutto e omette solo il versamento


Ammesso che la bozza di testo in circolazione sia quella asseritamente “falsificata”, e denunciata a Porta a Porta dal vice premier Luigi Di Maio, la possibilità di chiudere le vecchie pendenze con il condono di una parte delle imposte dovute assume proporzioni molto più ampie di quelle immaginate alla vigilia.

Sanatoria totale
Il testo del decreto legge recante «disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria e per esigenze indifferibili», composto da 26 articoli e con impressa la data del 16 ottobre, quindi successiva al Consiglio dei ministri che ha approvato il provvedimento, e che oggi il M5S disconosce, prevede infatti una sanatoria estesa ai contributi previdenziali, alle imposte sostitutive e anche all’Iva, con un tetto di 100 mila euro non onnicomprensivo, ma per singolo tributo e per ogni periodo di imposta, e che dunque si alza in modo esponenziale.

Salvaguardia penale
Esclude la punibilità penale di un eventuale riciclaggio o autoriclaggio connesso alla presentazione di una dichiarazione infedele, se non addirittura alla dichiarazione fraudolenta, che potrebbe rientrare nella sanatoria. E prevede anche un allungamento di tre anni dei termini entro i quali l’Agenzia può fare degli accertamenti, ma solo nei confronti dei contribuenti che non si avvalgono delle sanatorie. Cioè di quelli fondamentalmente onesti.

Sabili Iva e contributi
La «Dichiarazione integrativa», che deve essere presentata entro il prossimo mese di maggio, consente ai contribuenti e alle imprese di correggere, si legge nella bozza che circolava ieri, «errori o omissioni e integrare le dichiarazioni fiscali presentate entro il 31 ottobre 2017 ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive di quelle sui redditi, delle ritenute e dei contributi previdenziali, dell’imposta sul valore degli immobili all’estero, dell’imposta sulle attività finanziare all’estero, dell’Irap e dell’Iva». L’integrazione degli imponibili, si aggiunge «è ammessa nel limite di 100 mila euro per singola imposta e per periodo di imposta e comunque non oltre il 30% di quanto già dichiarato».

Si paga il 20% sul reddito nascosto
I redditi non denunciati possono essere regolarizzati versando un’imposta sostitutiva del 20% sul maggior imponibile Irpef o Ires, conveniente per tutte le imprese (l’aliquota Ires è al 24%) e soprattutto per i contribuenti con i redditi più elevati, che versano le imposte sulla base di aliquote marginali molto più alte. Nel caso dell’Iva la sanatoria è possibile pagando un’aliquota media, altrimenti quella ordinaria del 22%. E per i contribuenti che perfezionano la procedura di integrazione o emersione dei redditi prima nascosti, sono previste delle salvaguardie penali importanti.

Le dichiarazioni fraudolente
Intanto non si applicherebbero le sanzioni penali per la dichiarazione infedele e l’occultamento di documenti contabili, ma forse anche quelle previste per il reato più grave della dichiarazione fraudolenta, con l’uso di fatture e altri documenti per avvalersi di operazioni inesistenti o mediante «altri artifici». La possibilità di includere quest’ultima fattispecie nella sanatoria è ancora in discussione. Nella bozza del decreto i riferimenti ai relativi articoli di legge sono dentro una parentesi quadra. Mentre è esplicitamente menzionata l’esclusione della punibilità «delle condotte previste dagli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale», commesse in relazione all’evasione fiscale. Si tratta, appunto, del riciclaggio e del nuovo reato di autoriciclaggio, due reati gravi che prevedono pene variabili da 2 a 8 anni di carcere. Che restano perseguibili, come spiega il testo del decreto, solo se connessi ad altre fattispecie di reato diverse dall’evasione.

Tagliato fuori chi non riesce a pagare
Altro problema del decreto, che sta creando fin da martedì una fortissima fibrillazione politica, è il fatto che dalla sanatoria sono rimasti fuori gli evasori per necessità, e non quelli più incalliti. Lo sconto sulle imposte da pagare si applica infatti alla maggior reddito dichiarato, e tenuto fino a quel momento nascosto al fisco. Dunque vale per chi ha omesso la dichiarazione, ma non per chi ha dichiarato tutto e poi ha semplicemente omesso il versamento delle imposte. Fa molto discutere anche il comma 13 dell’articolo 9, che allunga di tre anni i termini per gli accertamenti fiscali solo per chi non si avvale della sanatoria.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *